Nel 2012 ha totalizzato 13mila visitatori e anche quest’anno non mancano spunti, idee e proposte di business nei 200 espositori che saranno presenti al 28° Salone del Franchising, a Milano da domani all’11 novembre. L’utilizzo di un brand riconosciuto in tutto il mondo per il suo know how può rappresentare l’ala sotto cui trovare riparo e riuscire anche in tempi di crisi a sguizzare fuori dalla stagnazione economica: l’insieme di tecniche e di conoscenze necessarie a fare impresa vengono messe in campo dalla metodologia del franchising; una forma di collaborazione tra affiliato (franchisee) e affiliante (franchisor), cioè tra i due soggetti economici e giuridici che, indipendenti l’uno dall’altro, stipulano un contratto all’interno del quale si calcola – in percentuale o in quota fissa – il versamento delle royalty, ovvero il canone da versare all’affiliante per il supporto tecnico, commerciale, gestionale, informativo e formativo. Infatti, il successo del franchising dipende molto dalla tipologia del contratto e dal format che viene proposto.
Oltre alle royalty, però, serve fare attenzione anche agli altri contributi che possono essere previsti sui servizi pubblicitari, di formazione o sui materiali di comunicazione. Ma esiste anche la possibilità di un contributo d’ingresso che è denominato Fee. Per Antonio Fossati, presidente di Rds Consulting, la società che organizza il salone, «In realtà non c’è un meglio o peggio ma bisogna guardare a tutti i contributi nella loro complessità e prestare attenzione al valore complessivo economico dell’iniziativa cioè della catena franchising perché è possibile che una royalty sia bassa ma poco performante e poco innovativa». Oppure viceversa. «Sul franchising del food – continua Fossati – si tende a dare una royalty fissa mentre nei franchising di prodotti e servizi si tende a dare una royalty che va dal 2% al 5-6%».
La regione che ha il primato italiano dei punti vendita in franchising, secondo il rapporto Assofranchising 2012, è la Lombardia con 8.391 punti vendita seguita dal Lazio e dalla Sicilia rispettivamente con 6.336 e 4.524 negozi (quest’ultima riflettendo il trend dello scorso anno). E per quanto riguarda il dato isolano, inoltre, sembra rilevante evidenziare come il numero relativamente basso di franchisor con sedi legali (33) non risulti sfavorevole allo sviluppo del mercato in franchising. In tutto i settori che sono stati censiti sono 30. Ma quali sono i primi dieci franchising che hanno maggior successo?
Certamente a qualificarsi sul mercato come punto di forza è la grande distribuzione del food (Gdf) che registra un peso sul fatturato totale del 30,6%. E a fare leva sul mercato non sono più solo le grandi catene di fast food (Mac Donald’s è in contrazione del 4% rispetto al 2012) ma il cibo naturale oppure quello biologico risultano più accattivanti sotto il profilo dei valori nutrizionali e per questo si possono esplorare proposte come “Universo Vegano” oppure “EcoBar 2.0”.
Il comparto dei Prodotti e servizi specialistici (che comprende tutto ciò che non è classificabile nelle altre categorie: dalle cliniche dentali alla distribuzione automatica fino ai centri di immersione subacquea) si piazza al secondo posto con un’incidenza del 9,4% sul dato nazionale. Il terzo posto è occupato dall’abbigliamento uomo-donna con un 6,4% ma registrando un calo di 0,3% rispetto al 2011.
Ristorazione rapida, pizzerie e caffetterie occupa una quarta posizione con il 6,1% seguito dal comparto di agenzie di viaggi e turismo che copre il 6,03% del fatturato nazionale. Agenzie immobiliari e mediazione creditizia arriva al 4,1% ed è in netta perdita del 30% rispetto al 2011. Infine, toccano poco più del 3% i seguenti settori: abbigliamento bambino, calzature e pelletterie e Gdo del No food.
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