Ven. Nov 22nd, 2024

indarsenaDARSENA, IN CODA PER OSTRICHE E CHAMPAGNE I FEDELISSIMI DEI CIBI DOC NON BADANO A SPESE

Più caro, fresco e senza trucchi
il biologico dribbla l´austerity

Raffaele Niri

Da un anno un locale specializzato nelle più ricercate prelibatezze di mare. E fa il tutto esaurito

«Ma cos´è questa crisi?» cantava il Quartetto Cetra, riprendendo un vecchio motivetto degli Anni Trenta. Certo, dalle parti della Darsena, non si vede: in un anno esatto – il compleanno è dopodomani, 10 aprile – da “Indarsena Oyster” hanno aperto qualcosa come quarantamila ostriche. E poi montagne di tartufi di mare, clams, mandorle, ricci, granchi, astici, aragoste, gamberi del Madagascar. Quarantamila ostriche, messe una dietro l´altra, fa tre chilometri e mezzo oppure, a guardare i soldi, un fatturato di tutto rispetto, visto che la singola ostrica costa al cliente tra i due e i sei euro, mentre i piatti con le prelibatezze che arrivano dalla Costa Azzurra, possono andare da quindici-venti euro ai sessanta del “plateaux royal”. Ma come mai, in tempi di crisi, un locale che vende ostriche e champagne (ma il vino più richiesto è il Muscadet, dieci euro a bottiglia) riesce a ottenere, oggi a Genova, così tanto successo? «Intanto perché non c´è così tanta crisi e poi perché, alla fine, spendi quello che ti chiedono in pizzeria, ma hai mangiato ostriche e non una Margherita – risponde Carlo Gaggero, inventore di “Indarsena”, ma già noto ai genovesi per la “softeria” di Nervi – I conti sono presto fatti: un piatto con le ostriche e tutte le altre prelibatezze costa diciannove euro, una bottiglia di vino, con una cinquantina di euro in due hai mangiato da re, sulle banchine della Vecchia Darsena, ricordando magari i plateaux mangiati in Costa Azzurra». Per le ostriche in Darsena non c´è che l´imbarazzo della scelta: Bouzigues, Fine de Claire, Papillon, Selvaggia di Binic, Perla nera, la Belle d´Oleron, Cancale, Belon du Belon, Muirgen, più un´altra decina di tipi. Per festeggiare il primo anno, Gaggero offrirà un calice di champagne a tutti i clienti che passano. Per brindare alla crisi. (r. n.) Vista da chi, solo nel mese di marzo, è cresciuto dell´undici per cento, la parola crisi è – semplicemente – una bufala. E non è stato un marzo pazzerello: a febbraio – qui in via Barabino – avevano aumentato il fatturato dell´otto, a gennaio del dieci, a dicembre dell´undici per cento. Il 2008 non è stato – per voi – anno bisesto? «Per quello nemmeno il 2007, nemmeno il 2005 e, andando indietro, siamo quasi sempre cresciuti a due cifre, col boom del 2001, la mucca pazza, quando ci fu una vera e propria esplosione del fatturato, con punte di più quaranta per cento». Achille Alloisio, 41 anni ed una laurea in economia e commercio, è un bottegaio atipico: per dire, alla nicchia “benessere” è arrivato facendo l´istruttore in una palestra. Lì ha capito che bisognava puntare sull´alimentazione. Le statistiche dicono che il settore è stagnante e perde colpi? Lui risponde con i numeri: a quindici anni dalla nascita, controlla un piccolo impero di cinque supermercati – tutti in franchising, tutti targati “NaturaSì” – due a Genova (via Barabino, corso Europa), due a Torino e uno a Brescia. Solo i due di Genova, lo scorso anno, hanno fatturato complessivamente tre milioni e mezzo di euro. Ogni volta che la Gabanelli dedica un servizio di “Report” all´alimentazione (e lo fa spesso), il giorno dopo le vendite nei 66 supermercati della catena aumentano del venti per cento. Alla faccia della crisi? «Ne stiamo sentendo parlare da mesi, tutti, e va a finire che me ne convinco. Non dico che la crisi non esista: dico che nella mia nicchia non la vedo». La quarta (ed ultima) puntata del nostro viaggio nel mondo dei consumi all´epoca della crisi, dopo tre stazioni omogenee (Conad, Coop e Basko-Ekom), ne raggiunge una controcorrente. Qui non c´è bisogno di spingere l´acceleratore delle promozioni: anzi, all´inizio di marzo, quando è stata lanciata una settimana con lo sconto del dieci per cento, molti clienti al momento di controllare lo scontrino, chiedevano stupiti il perché di tutti quei “meno”. «Ma non è che i nostri clienti vivano sulla luna o abbiano soldi da buttare – spiega Alloisio – Semplicemente la loro logica è diversa: qui cerchi l´eccellenza, il rifiuto di compromessi sulla qualità dei prodotti biologici, l´attaccamento a determinati valori naturali. Se trovi anche lo sconto, meglio». Ma poi le domande sono sempre le stesse: chi mi garantisce che sia effettivamente bio tutto quello che (non) luccica? E quanto è corretto pagare – più del “normale” – in cambio di un prodotto di qualità? «Intanto, se stai attento a cosa mangi, spendi meno – assicura Alloisio – Se invece di mangiare carne tutti i giorni, la alterni con i cereali, alla fine starai meglio e avrai speso di meno. Poi, se al supermarket riempi il carrello di merendine e prodotti pronti e invece qui compri cereali integrali e pane biologico, non solo qui avrai speso di meno, ma sarai entrato in una logica che non abbandoni». Poi, naturalmente, servono tempo e voglia: per cucinare il riso integrale occorre un´ora, fatto sconvolgente per chi è abituato al “riso cinque minuti”. Un prodotto per poter essere commercializzato come “biologico” deve essere certificato da uno degli Organismi autorizzati dal ministero delle politiche agricole. L´agricoltura biologica (metodo di produzione che non prevede l´uso di prodotti chimici di sintesi, come fertilizzanti, diserbanti, insetticidi, anticrittogamici) – a sua volta – è sottoposta a controlli severissimi. Poi naturalmente ci sono le Asl («mai avuto un solo appunto, in quindici anni» spiega orgoglioso Alloisio) e i blitz presso i singoli agricoltori. «Alla fine, è vero, il prodotto ligure costa di più, ma è anche molto più buono – spiegano a NaturaSì – Carciofi, insalata, prezzemolo, sedano, fogliame, la poca frutta che c´è: comprando dal contadino, con la filiera cortissima, ci mettiamo un margine del 30/35 per cento. Poi, con gli scarti, se sei bravissimo, a fine giornata porti a casa il tuo 25 per cento. Naturalmente, se il confronto è con la catena di supermercati che compra le albicocche in Spagna o l´insalata in Australia, dal punto di vista economico siamo perdenti. Ma, se parliamo di un mix qualità/prezzo allora si spiega benissimo perché continuiamo a non vedere crisi». Già, ma fino a quando? «Dicevano che il bio fosse una moda – risponde Alloisio – ma le nostre nicchie – le persone con intolleranze alimentari, chi ama la macrobiotica, più in generale chi vuol mangiare sano – invece di restringersi, si allargano». Il mese scorso, solo nel negozio di via Barabino, sono stati battuti 6.856 scontrini, per una spesa media di 27 euro. Una briciola, nel mare dei consumi. Ma una briciola decisamente sana.

Di Margiov