Ghidelli, ad Kasanova: “Il web sta cambiando i negozi. Il franchising non passa di moda”
Il colosso italiano dei casalinghi, apre 60 centri. L’ad: “Finiamo l’espansione in Italia e poi andiamo all’estero”
Giannina Fontana, fondatrice di Kasanova. Nel 1968, rimasta orfana comincia a operare nel commercio dei casalinghi aprendo la F.lli Fontana (poi diventata Kasanova). L’azienda ha avuto la sua svolta nel 1994 con l’apertura al modello del franchising. Altro marchio del gruppo è Outlet del Kasalingo
Nel 1968 con il mondo in rivolta una ragazza girava per i mercati della Brianza per tentare di vendere giocattoli e oggetti per la casa. I piccoli commerci devono essere andati bene se, mezzo secolo dopo, il gruppo nel frattempo chiamato Kasanova conta 455negozi in tutta Italia, numero peraltro sempre soggetto a incrementi. Quella della signora Giannina Fontana è una storia tipicamente italiana, iniziata con il papà e poi, rimasta orfana, con l’intuizione di allargare il giro. Con un prestito di 160 milioni (di lire) apre un capannone e da lì comincia l’avventura. Dal 1994 la F.lli Fontana prende la fisionomia di oggi, con il lancio del franchising. È quello l’anno dell’ingresso in azienda di Maurizio Ghidelli, oggi amministratore delegato. Allora puntare sul franchising non era affatto scontato. «Quando ormai più di vent’anni fa andavo in giro per promuovere questo modello economico mi prendevano per matto», racconta Ghidelli.
Cosa si sentiva dire?
«Di tutto. Era un’altra epoca, i Benetton erano gli unici ad aver osato trasformare delle mercerie in una rete enorme. Ma nei casalinghi era vista come un’assurdità. Io parlavo di margini, flussi di capitale e mi guardavano come si guarda un pazzo, “ho un magazzino da 700 metri e tu me ne vuoi proporre uno da 50?”. La differenza era che i nostri 50 fruttavano 700 milioni. A capirlo furono solo in cinque, cinque eroi che stanno ancora con noi- Quando è arrivata la signora Fontana ho trovato finalmente chi credeva e investiva in questo modello di business».
Oggi è diverso?
«Completamente. Qualche anno fa la gente spendeva 200 euro per fare un regalo, oggi è tanto se ne spende 20. Poi ci sono cose scomparse».
Faccia un esempio
«Le liste di nozze. Se ne facevano cinquemila all’anno. Ora praticamente zero. Per noi, che ne facevamo uno dei core business, è stata dura non subire tracolli. Ci siamo risusciti inventando cose nuove».
Il franchising funziona ancora?
«I suoi principi sono rimasti gli stessi: trasmettere il know-how, gli strumenti di base. Poi c’è il rapporto con l’affiliato che cambia nel tempo».
Gestite direttamente negozi?
«Abbiamo iniziato aprendo negozi nostri. Poi abbiamo cominciato a cercare affiliati».
In quale percentuale?
«Siamo arrivati ad avere l’80% per cento di negozi gestiti da noi direttamente. Negli ultimi due anni abbiamo ricevuto richieste a non finire perché il nostro format viene percepito di successo, e l’equlibrio è cambiato: siamo arrivati a 55% nostri e 45% esterni. Cifre che mutano in continuazione, quest’anno noi ne apriremo 18 noi e 40 in franchising».
Qual è il criterio?
«Noi gestiamo quelli delle vie principali delle città, sono investimenti pesanti, con costi sono tali che un privato non ce la farebbe da solo. Il franchising funziona bene nei piccoli centri, per esempio nelle città da 80 mila abitanti».
Andrete all’estero?
«L’idea c’è. Ma prima vogliamo finire il nostro progetto di espansione in Italia, con il marchio Kasanova, ma anche con gli altri, specie con Outlet Kasalingo. È come il risiko, conquistata l’Italia andiamo con i carri armati all’estero».
Siete pronti per la Borsa?
«Per il momento non andiamo in Borsa. Ci sentiamo ancora un’azienda familiare. Quando sarà il momento di dare un’accelerata e invece di aprire solo 60 negozi ne apriremo 200, allora penseremo alla quotazione. Abbiamo già partecipato al progetto Elite di Borsa italiana».
Cosa rappresenta per voi Ikea?
«Ikea è un mobiliere che tratta casalinghi. Noi siamo i casalinghi. E questo vuol dire dare valore ai prodotti. Loro sono monocorde con un target preciso, noi guardiamo in maniere trasversale al cliente».
L’online?
«Siamo partiti due anni fa e si tratta di un progetto in grande evoluzione».
Il sito fa concorrenza ai negozi?
«No. Sono complementari ed evolvono entrambe. È come la sera quando si torna a casa d’inverno e ci si mette sul divano. Serve la coperta, la tv, il telecomando e magari un bel bicchiere di whisky, ogni elemento è fondamentale».
I negozi cambieranno?
«Molto. Saranno i punti di contatto, con personale sempre più qualificato per assistere i clienti».
I giovani d’oggi sono così male come si dice?
«Ce ne sono di tutti i tipi. Quelli che al colloquio chiedono subito se si lavora di domenica. E quelli che sposano da subito il progetto».
Una cosa che le piace del suo gruppo?
«La mobilità interna. Il commesso che diventa store manager. Lo store manager che va in giro per l’Italia per creare nuovi negozi e magari un giorno diventerà dirigente».
FRANCESCO OLIVO da la stampa.it
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