Sab. Nov 23rd, 2024

Fiumi di birra per sfidare la crisi: 80 assunzioni targate Lowengrube
lowengrubeIl locale di Limite sull’Arno in stile bavarese sbarca a Lucca, Livorno, Trento e Varese: 1.500 curriculum in pochi giorni. I titolari: «Il segreto? Scommettiamo su giovani e qualità. In giro c’è troppa improvvisazione»

EMPOLI. La crisi si sfida anche con i piatti tipici della cucina bavarese accompagnati da fiumi di birra. Che portano quattro nuove aperture e ottanta assunzioni. Perché «la crisi c’è, ma la ristorazione è un settore in crescita. Dobbiamo avere il coraggio di scommettere sui nostri ragazzi, ripagare i loro sacrifici e puntare sulla qualità». Pietro Nicastro, 39 anni, è arrivato a Empoli dalla Sicilia quando ne aveva sedici. Ha lavorato in alcuni locali, poi ne ha aperto uno tutto suo. E dieci anni fa – insieme alla compagna Monica Fantoni – ha fondato il Lowengrube a Limite sull’Arno. Cinquecento metri quadrati, venti dipendenti, 280 posti a sedere puntualmente occupati da una clientela variegata: si va dai gruppi di ragazzi alle famiglie, grazie anche all’area “kinder”. Il modello funziona. Può essere “esportato” Ed ecco l’idea: un franchising.
Il 15 maggio aprirà il locale di via Pian di Rota a Livorno, il 12 giugno toccherà a quello di via Del Prete a Lucca.

Poi, a settembre, Varese. E addirittura Trento, terra di birre, dove il Lowengrube sorgerà all’interno della storica Torre medievale del Massarello, che prende il suo nome attuale da Angelo Massarelli segretario generale e compilatore degli atti, che qui visse per tutta la durata del Concilio.
E presto potrebbe toccare anche a Firenze, Roma e Milano: «Il nostro è un segmento di mercato tutto da sviluppare. Le tipiche birrerie bavaresi sono del tutto assenti in Italia mentre continuano a proliferare i fast food, freddi e impersonali, ristoranti formali con prezzi poco accessibili e semplici pub».
Pietro e Monica hanno le idee chiare. Raccontano la loro nuova scommessa mentre, nell’altra stanza, c’è il corso di formazione per i nuovi assunti che si apprestano a lavorare nei due nuovi locali toscani: «In pochi giorni ci sono arrivati oltre 1.500 curriculum». Per quaranta posti di lavoro: «Noi consegniamo il locale al licenziatario “chiavi in mano”. Ci occupiamo di tutto, dal marketing alla formazione del personale, fino alla forniture». Queste ultime garantite dal colosso Ab In Bev, il maggiore produttore al mondo e proprietario di cinquanta brand.

Un’alleanza nata in circostanze decisamente particolari. «Il nome del nostro locale deriva da via Lowengrube 17 a Monaco di Baviera, dove è nata la birra Lowenbrau. Quando andammo a registrare il marchio loro ci fecero subito una contestazione legale. Poi però ci siamo seduti a un tavolo e da quello scontro è nato un accordo strategico», così come un’altra multinazionale, che si occupa di tutta la logistica.
Insomma, la scommessa di Pietro e Monica ha basi solide: «La crisi economica c’è e lo Stato non ti aiuta. Ma il nostro fatturato continua a crescere, perché questo settore ha grandi potenzialità. E non lo diciamo tanto per dirlo: prima di lanciarci in questa avventura abbiamo commissionato uno studio approfondito. Il problema – talvolta – è che c’è anche poca voglia di sacrificarsi, gli italiani non sono più disponibili a fare certi lavori. Allo stesso tempo tra gli imprenditori in alcuni casi c’è troppa improvvisazione».
E nei settori dove le cose vanno meglio c’è bisogno di investire sui giovani: «I nostri dipendenti, come coloro che saranno assunti nei nuovi locali, lavorano nei weekend e nei giorni festivi, anche fino alle 2 di notte. E per questo devono essere ripagati, sia economicamente, sia dal punto di vista delle prospettive di crescita, che rappresentano uno stimolo per lavorare bene. Addirittura quando abbiamo dei ragazzi in prova restano sorpresi che vengono retribuiti, perché, ci raccontano, altrove non lo fanno. E invece – conclude Pietro Nicastro – se uno lavora, anche poche ore, al di là se sarà assunto o meno, è giusto che riscuota».

di Francesco Turchi
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Di Margiov