Naracamicie, passa da Tokyo la strada per la Cina
IL BRAND FONDATO DA WALTER ANNARATONE IN LOMBARDIA NEL 1984 CONTINUA LA CRESCITA CON LA FORMULA DEL FRANCHISING E CON UNA FORTE PROPENSIONE ALL’EXPORT SOPRATTUTTO IN GIAPPONE CHE È UNA TESTA DI PONTE PER IL FAR EAST
Milano O ttenere risultati soddisfacenti con un brand mono-prodotto in Italia, soprattutto in momenti duri come questo, non è da tutti. Ma ci sono marchi come Naracamicie che riescono a mantenere le loro quote di mercato e perfino a crescere a livello internazionale — 40 milioni di euro di fatturato nel 2013 con un 50% di export — senza fare il passo più lungo della gamba. Basta seguire un modello di sviluppo come il franchising, che negli anni ‘70 non era ancora così diffuso nello stivale, e gestirlo con prudenza e tenacia. È questa in sintesi la strategia di sviluppo alla base del brand di camiceria maschile e femminile fondato da Walter Annaratone in Lombardia nel 1984: quest’anno spegne 30 candeline con lo sguardo rivolto all’Oriente. «Il Giappone è uno dei nostri mercati di punta — spiega l’imprenditore milanese — qui abbiamo 75 monomarca e un distributore fidelizzato che ci consentirà presto di entrare in Cina dalla porta principale: e poi è forse l’unico mercato per il quale realizziamo una collezione in esclusiva, classica ma con tessuti pregiati». Nell’ex celeste Impero il marchio affidato alla creatività del designer Mario Pellegrino, proprietario di Passaggio Obbligato, una delle 2 realtà produttive di cui si avvale l’azienda-l’altra è la E. G. di Enzo Pellettieri — al momento conta pochi punti vendita come quelli di Singapore, Taiwan e Taipei. Ma la presenza del brand nella patria di Mao è
destinata ad ampliarsi anche fino a raggiungere città come Shanghai, almeno secondo i progetti della cabina di regia della società. Walter Annaratone, ideatore e timoniere del marchio, 78 anni portati con grinta, è stato un pioniere. Già figlio d’arte — il padre Aldo possedeva la catena di negozi Fama a Milano — ha trovato nella famiglia Benetton un interlocutore qualificato che lo ha iniziato alla formula del franchising, importata in Italia dagli Stati Uniti. Da qui l’idea di applicare a un marchio proprio un paradigma commerciale di successo e sicuramente nuovo per quei tempi, gli anni del boom del made in Italy. «Nella camiceria non abbiamo molti concorrenti specialmente in Italia, perché accanto ai modelli più classici puntiamo sul colore e sulle fogge fashion, disegnate da Pellegrino e dedicate anche agli uomini “pavoni”». Non per niente è stato proprio Pellegrino 30 anni fa a sdoganare nel guardaroba maschile le prime camicie floreali e sciancrate al punto vita, oggi sfoggiate con nonchalance perfino da politici rampanti. I gusti della clientela internazionale del brand, oggi presente con oltre 230 punti vendita in Italia e 181 all’estero, tutti accomunati dall’adesione al modello di franchising — basato su negozi di media estensione, fino a 80 metri quadrati, ma posizionati nelle aree urbane di maggiore afflusso e nei centri commerciali — si sono evoluti al passo con le ultime tendenze ma anche con le preferenze di icone del mondo dello spettacolo. Si va da Russell Crowe fino all’inossidabile Raffaella Carrà, divenuta involontariamente l’ambasciatrice del brand, «lei ama acquistare le camicie nei nostri negozi: spesso predilige quelle in bianco e nero». Aldilà delle luci della ribalta Naracamicie, ha saputo anche aggiornare le vestibilità alla nuova frontiera delle cosiddette “taglie morbide”: «Da circa tre stagioni la gamma delle misure delle nostre camicie è aumentata fino a includere 3 taglie in più». Strizzando l’occhio anche al mercato canadese e statunitense dove il brand ambisce a raggiungere città come Dallas e New York, per affiancare nuove insegne a quella di San Francisco in Sutter Street, “la via Montenapoleone locale”. Il marchio Naracamicie realizza il 50% del fatturato all’estero
Enrico Maria Albamonte da repubblica.it
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