Dom. Mag 5th, 2024

Zara, un manager eredita lo scettro dell’impero di famiglia Amancio Ortega fondatore del gruppo Inditex ha designato quale successore alla presidenza Pablo Isla invece di sua figlia Marta, ancora in fase di formazione

«Belli questi sandali, l’hai comprati qui in Cina?»«No, da Zara»… Un dialogo colto a Expo 2010 Shanghai, ennesima fonte di ispirazione per la fantasia dei creativi del gruppo fashion spagnolo, sempre a caccia di nuovi trend, di nuovi modelli. Sandali rossi con decorazioni metalliche color oro, i colori simbolo del Dragone, la scorsa estate sono stati una originale risposta alla voglia di stile orientale che si sta diffondendo.
Orientale, casual, sbarazzino, elegante, sexy, maturo: gli stili di Zara, marchio bandiera del gruppo Inditex, sono innumerevoli e sempre nuovi: «Sono dei camaleonti, si guardano attorno, assorbono tutto, i loro stilisti in realtà sono dei merchandiser, attenti al mercato, a caccia di idee, a cogliere al volo come era vestita la tale attrice quando è stata fotografata dai paparazzi per ricopiare subito lo stile», racconta Luca Solca, Senior Research Analyst European General Retail & Luxury Goods di Sanford C. Berstein, autore di un voluminoso report nel quale si consigliava già diversi anni fa di investire nel titolo approdato al listino nel 2001 e che non ha mai deluso le previsioni e persino nei momenti peggiori della crisi ha superato le performance dei principali indici.
Anticipare le tendenze e trasformarle in tempo record in un capo o un accessorio pronto da vendere nei propri negozi. E’ questa la grande leva del successo del gruppo fondato da Amancio Ortega, l’uomo più ricco di Spagna, che proprio in questi giorni ha annunciato di voler lasciare la presidenza del gruppo Inditex, la holding di famiglia, a Pablo Isla, attuale amministratore delegato. Un colpo di scena, deciso alle soglie dei 75 anni che Ortega compirà a marzo. Alla luce dei fatti un passaggio di mano scontato. Tutti considerano, infatti, Isla il Delfino di Ortega, anche se non sono mancati i soliti rumors. Qualche giornale ha scritto che la scelta di Ortega potrebbe aver creato qualche scontento in famiglia, nella figlia Marta, 26 anni, nata in seconde nozze, che già lavora nel gruppo. Insinuazioni, messe a tacere dalla fredda logica degli affari che vede in Pablo Isla l’uomo giusto per ereditare lo scettro del grande impero del fast fashion valutato oltre 26 miliardi di euro. «Nessuno scossone nel cambio di governance, in questo modo è garantita la continuità, Ortega e Isla sono uno lo spirito dell’altro», sostiene Armando Branchini, segretario generale di Altagamma nonché docente di gestione delle imprese Moda e Design all’Università Bocconi di Milano.
Per quanto riguarda la famiglia Ortega, tutto si regge su una distribuzione di quote azionarie fatta con il bilancino tra le due mogli e i figli di primo e secondo letto. Nel caso specifico di Marta è ancora giovane e, a quanto si racconta, dopo la laurea ha preferito farsi le ossa in azienda iniziando dalla gavetta. Accontentandosi anche di fare la commessa nei negozi del gruppo, spostandosi tra Londra, Barcellona e Shanghai.
La vendita è l’ultimo anello della catena. Il gruppo, infatti, fa tutto da sé. «Il loro è un modello di business molto interessante, è ormai un caso di studio in tutte le business school del mondo, si chiamano “retailer integrati verticalmente”», racconta Branchini. E spiega:«Non comprano da fornitori ma fanno in casa, dalla progettazione al design alla produzione fino alla vendita. Questo consente di controllare tutta la filiera e di poter portare le nuove collezioni rapidamente in distribuzione, riducendo costi e tempi e accontentando subito le richieste dei clienti». Un modello nato in Italia, inventato dai Benetton. Poi ripreso dalla scandinava H&M e ora portato alla massima potenza da Inditex che ha superato tutti con un fatturato che nei primi nove mesi del 2010 ha toccato 8.866 milioni di euro, in crescita del 14% e un margine netto in aumento persino del 42%.
Diversi i motivi del sorpasso sui marchi che adottano un modello simile. H&M, per esempio, ha un solo marchio e una sola insegna. Inditex ha esteso il modello a più marchi e più insegne e oggi in portafoglio ha otto format: oltre a Zara, il più famoso, Massimo Dutti, Stradivarius, Oysho, Uterqüe, Pull & Bear, Bershka, e infine Zara Home, classico caso di estensione del brand a nuovi settori, una nuova strada che le griffe del lusso e della moda hanno imboccato per ampliare i confini del mercato.
Tanti brand per coprire tutti i target, dalla figlia alla mamma alla zia un po’ âgé. Inoltre, a differenza di H&M, che ha come target la fascia tra i 15 e i 35 anni e lo stile causal, Inditex non si caratterizza. Ci trovi di tutto, dall’accessorio frivolo alla cravatta in tinta unita. E’, appunto, un camaleonte, capace di trasformarsi continuamente nel tempo. Per le sfilate di moda di Milano a febbraio già tutti aspettano la calata in massa degli stilisti del gruppo pronti a fotografare, memorizzare, studiare. Poi, quando le grandi griffe staranno ancora lavorando ai nuovi modelli, Zara sarà pronto a mettere in vetrina le nuove collezioni. Copia, assorbe, inventa. Il risultato? Chic and cheap, elegante a poco prezzo, una formula che ha dato la spinta a una moltiplicazione vertiginosa dei punti vendita. A un certo punto, evidenziano alcuni report, si contava una apertura ogni 36 ore.
In questi giorni di saldi alla nuova, maestosa sede di Roma, inaugurata nel dicembre scorso, si trovano giovanissimi e signore dai capelli bianchi, inglesi, francesi, italiani. Una Babele in cui ognuno riesce a portare in cassa qualcosa, fosse pure solo un accessorio, un paio di scarpe, uno stivale, un cappelletto, una borsa, un paio di calze. Ricavata nello storico edificio di Piazza Colonna, un tempo occupato dalla Rinascente, è il gran bazar delle nuove tendenze. Da tutti i punti di vista. Cinque piani di ecoefficienza e sostenibilità ambientale, risparmio energetico e idrico, attenzione ai livelli di ossigeno e azoto. Un palazzo d’epoca dalle colonne liberty oggi a totale impatto zero, il terzo dopo quelli di Barcellona e Atene, ma Ortega ha deciso di estendere questa caratteristica a tutti i negozi del marchio.
Sempre con lo sguardo avanti, sempre sulle nuove tendenze, Inditex, pochi lo sanno, fa parte del Dow Jones Sustainability Index, paniere di aziende che adottano criteri industriali e gestionali sostenibili. Una filosofia che vede Inditex impegnata anche sul fronte sociale, con una serie di outlet, Tempe, dove lavorano solo disabili, specializzati in collezioni vecchie a prezzi superscontati.
«Cari amici, è arrivato il momento, con grande speranza e responsabilità, di proporre che Pablo Isla venga nominato presidente esecutivo al prossimo consiglio di amministrazione», così recita la lettera inviata da Ortega ai sui 98.000 impiegati per annunciare il cambio al vertice, che avverrà in luglio. Sono passati 36 anni da quando Ortega ha aperto il primo negozio Zara, nel 1975, a la Coruna, in Galizia. Oggi i negozi sono circa 5.000 e Ortega è al decimo posto nella classifica Forbes 2010 degli uomini più ricchi e influenti del mondo. Ma non è mai cambiato. Sempre schivo, riservato, dietro le scene. Sempre nell’ombra, al contrario di Pablo Isla: quarantasette anni, laureato in legge e già avvocato di Stato, con una rapida carriera ai vertici di grandi gruppi spagnoli, come Altadis, uno dei maggiori produttori di sigarette e sigari, e prima ancora al Banco Popular, Isla per due anni è stato anche Direttore Generale per il patrimonio di Stato presso il ministero dell’Economia, quando al governo c’era Aznar. Una carica istituzionale e non di governo. Sempre in cravatta, al contrario di Ortega tratta con il governo, tesse relazioni in Borsa, parla ai meeting aziendali. “Giovane ma esperto” come scrive lo stesso Ortega nella stessa lettera, un connubio perfetto per garantire continuità al gruppo in attesa di passare il testimone agli eredi.
Quello del passaggio generazionale è il tallone di Achille delle aziende familiari, molte delle quali chiudono i battenti proprio in questa fase critica. Un grosso limite se si considera che, come segnala un recente report di Credit Suisse, sono proprio le aziende familiari, molte delle quali chiudono i battenti proprio in questa fase critica. Un grosso limite se si considera che, come segnala un recente report di Credit Suisse, sono proprio le aziende familiari quelle che in Borsa stanno dando i migliori risultati. Dal lancio del Cs Family, l’indice dedicato di Credit Suisse, nel 29 gennaio del 2007, l’indice ha fatto meglio dell’Msci del 9,5%.
Non stupisce che gli analisti approvino la scelta di Ortega, che, pur in buona salute vuole preparare per tempo il campo per il futuro. Da quando è arrivato nel 2005, Isla ha portato una ventata di rinnovamento in un gruppo che rischiava di adagiarsi sugli allori. Ha gestito, per esempio, l’avanzata a passo di carica nei paesi asiatici, Cina in testa, il nuovo mercato a cui tutti guardano con grande attenzione. L’Asia è considerata strategica dal management di Inditex e i negozi Zara campeggiano nelle vie più esclusive dello shopping di Pechino e Shanghai.
«Un grande interrogativo è se si arriverà a fondere tutti i marchi in un solo, considerato che molti consumatori non conoscono la parentela tra gli otto format», racconta Branchini. Potrebbe essere un’idea per dare il massimo potere a quello che viene considerato la punta di diamante di tutto il gruppo. Che ora è approdato anche online, idea di Isla che ha ribaltato le precedenti strategie di Inditex, che aveva in passato dichiarato di non voler mai vendere sul web. I primi store virtuali hanno aperto i battenti in Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna. Ora, anche in Austria, Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Olanda. Tutto a portata di click. E per non pagare la spedizione il cliente può chiedere la consegna in uno dei negozi più vicini invece che a casa propria. Un’altra trovata per mettere a frutto le grandi economie di scala.

PAOLA JADELUCA DA REPUBBLICA.IT

Di Margiov