Dalla bottega allo shopping. Il centro cambia volto e anima
I vecchi mestieri hanno lasciato il posto ai marchi in franchising
«Una volta era pieno di artigiani», mentre oggi «i negozi sono pensati soltanto per il popolo dello shopping». Il quartiere «si sta svuotando», mancano i giovani, «gli affitti sono alti e non c’è posto per le auto». Nelle parole di chi vive o lavora da una vita in centro storico, c’è nostalgia della Como che fu.
Il centro storico, un tempo cuore pulsante di una città operosa, si sta trasformando in un centro commerciale a cielo aperto. Franchising, grandi marchi di abbigliamento , negozi che aprono e chiudono nel giro di 6 mesi, catene, uffici. E così, lentamente ma nemmeno troppo, il centro storico sta perdendo identità.
Qualcuno però resiste. E ogni mattina, da 60 anni, alza la serranda della bottega nello stesso vicolo, assistendo giorno dopo giorno ai cambiamenti della città murata. Uno di questi è Fernando Frigerio, 76 anni, che dal 1960 lavora come barbiere in via Vitani. In 51 anni si è spostato una sola volta, dal civico 19 al 27. La sua bottega ha il fascino di un museo: rasoi, pennelli, lozioni per capelli, le tipiche poltrone di plastica bianca, metallo e pelle nera. All’ingresso, sulla sinistra, un piccolo manifesto con un campionario di una dozzina di baffoni, mustacchi e favoriti. «In questa via nel ’60 – racconta Frigerio – c’erano una drogheria, che oggi è un’agenzia viaggi, un “bagàtt” (ciabattino, ndr), e molti altri artigiani. Negli anni la via si è trasformata. Ha perso la vocazione artigiana per trasformarsi in una zona commerciale».
Lo spirito di corpo tra i residenti, però, è rimasto lo stesso. Frigerio, camice bianco e passo svelto, esce dal negozio e suona a colpo sicuro un campanello. Si affaccia un uomo, dall’ultimo piano, che racconta come la famiglia di sua moglie abiti in centro storico «da oltre 100 anni». Cambiata è cambiata, la città murata. In meglio o in peggio? «Dipende – risponde Fernando – una volta il centro storico era la patria dei mestieri. Oggi, chi li impara più?». La bottega di Frigerio fa eccezione, poiché il figlio Marco – 46 anni – oggi è il titolare. E dice: «Io sono nato qui, dal centro storico non me ne andrei mai».
Mauro Dotti, invece, in centro storico è arrivato 31 anni fa, in punta di piedi. Anzi, di tacco. Figlio di un calzolaio, il babbo lo manda a 14 anni in città murata «a lavorare sotto padrone, per imparare il mestiere, a 10mila lire al giorno».
Mauro si appassiona al mestiere, impara in fretta. Dopo qualche anno il titolare muore, e lui rileva la bottega, La Risuolatrice di via Collegio dei Dottori. «Siamo rimasti in pochi – dice – gli artigiani stanno scomparendo. Gli affitti sono alti, i posti auto scarseggiano, e la gente di oggi se non trova posteggio s’incavola come niente. Il centro una volta era pieno di piccoli alimentari, droghieri, fabbri, vetrai. Tutti spariti. Sono cambiati anche i residenti – aggiunge Dotti, mentre mostra una scarpa del ’46 costruita dal padre con iuta e un copertone – arrivano un sacco di stranieri, specie sudamericani. Ma sono più simpatici dei comaschi – scherza il calzolaio – loro non si smentiscono mai: un po’ taccagni, attenti al denaro, introversi». La fragranza coloniale della lozione per capelli di Frigerio, l’odore dolce del cuoio nella bottega di Dotti, gli aromi di una drogheria. Profumi che, una volta, riempivano le narici tra le vie del centro, e che oggi è sempre più difficile trovare.
Andrea Bambace