Ven. Nov 22nd, 2024

RIMINI. III indagine sulla professione odontoiatrica: 2,5 milioni di pazienti in meno nel 2010
L’effetto della crisi si avverte ormai sempre più anche nel settore delle cure odontoiatriche e sempre meno italiani vanno dal dentista. Questo l’argomento forte del Workshop “A che punto è la crisi? la situazione del settore dentale” organizzato al 54° Congresso degli Amici di Brugg a Rimini, da ANDI l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani, UNIDI che raggruppa tutte le industrie del settore in collaborazione con la Key-Stone

Questa, in una estesa analisi su un campione di 1000 dentisti, oltre 600 laboratori odontotecnici e circa 100 aziende del mercato, ha ricavato dati presentati già in due workshop UNIDI tenutisi il 4 e 5 maggio a Verona e Milano.

Vediamo anzitutto, quindi, i dati principali emersi nell’indagine Key-Stone ed in particolare, la forbice che si è creata fra lo sviluppo di innovativi materiali e tecnologie a valore aggiunto che fanno crescere l’industria da un lato e un calo di accessi agli studi dentistici pari a 2,5 milioni di visite in meno nel 2010 dall’altro. Per la prima volta, infatti, il mercato professionale è in fase di sviluppo con un + 80 milioni superando 1,2 miliardi nel 2010, mentre si contrae la frequenza delle visite odontoiatriche che arrivano solo a 55 milioni effettuate negli studi dentistici, seguite dal calo anche dell’area protesica.

Dal sito Key-Stone si legge che “l’entità del calo degli accessi agli studi privati dei dentisti italiani, nonostante la diminuzione di oltre un milione di pazienti già sofferta l’anno precedente, continua a ridursi marcando un ulteriore – 4,3%. Si tenga conto che nel 2008 il numero complessivo di visite allo studio dentistico privato superava i 60 milioni”.
Cala del 14% il fatturato dichiarato dai lavoratori odontotecnici, che si aggiunge al calo del 15% per l’anno precedente, ed una discesa complessiva in 3 anni che si attesta intorno al 25%.

Una situazione che dipende anche dall’imprenditorialità delle strutture. Il calo indicato non è esteso trasversalmente ma riguarda il 26% degli studi dentistici e il 56% dei laboratori odontotecnici. In particolare però sono le piccole strutture a risentire di un calo importante e prevale una certa rassegnazione degli operatori “over 50” che perdono terreno rispetto ai colleghi più giovani.

Il calo è particolarmente marcato al Sud, con un 54% di dentisti in fase recessiva (-6,5% di pazienti) e un 60% di laboratori che segnalano una nuova decrescita rispetto a quella già patita lo scorso anno.

L’unica nota in controtendenza riguarda il comparto dei prodotti e delle attrezzature ad uso dentale: contrariamente al trend segito dai pazienti, questo comparto è in sviluppo; un settore con circa 4.000 addetti che solo nel 2009 aveva risentito per la prima volta della crisi marcando un -4,2%, e che torna a crescere con un +7,4% come dimostrano gli studi di settore UNIDI. I dentisti e gli odontotecnici investono in nuove tecnologie che stanno rivoluzionando alcune metodiche diagnostiche, terapeutiche e di produzione protesica. Sono entrati in uso la Radiografia 3D, i nuovi sistemi di Chirurgia Guidata, l’Implantologia a Carico Immediato (che consente al paziente di non attendere mesi dall’intervento per la nuova protesi), la Rigenerazione Ossea e il CAD-CAM, che consente ai laboratori la progettazione grafica assistita da computer di manufatti protesici che vengono prodotti con fresatrici computerizzate.

Gli italiani perciò stanno trascurando la salute della propria bocca a causa della crisi economica che ha ridotto il potere di acquisto dei redditi e ha prodotto conseguenze e ricadute anche sulla professione odontoiatrica e sull’intero comparto. E così anche i dentisti soffrono la crisi come gli altri liberi professionisti italiani, il cui costo di preparazione professionale però incide molto meno sulla collettività di quello degli odontoiatri.

Queste, da fonte ANDI nazionale, sono in sintesi i risultati della III Indagine congiunturale sullo stato della professione odontoiatrica in Italia curato dal Servizio Studi dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani; ANDI con oltre 23.000 iscritti su 56.000 esercenti, è la sigla più rappresentativa della professione odontoiatrica in Italia.
Riassumiamo dunque i dati principali di questa III Indagine congiunturale sullo stato della professione odontoiatrica, realizzata con l’invio di un questionario agli iscritti ANDI che hanno prodotto 5.589 risposte valide e certificate.

Ecco i punti di maggiore rilievo:
– Il 45% dei dentisti ha denunciato un decremento dei ricavi professionali nel 2010 rispetto al 2009 pari alla media del 30% circa. In tal senso le previsioni per il 2011 sono sostanzialmente pessimistiche (46,3%).
– Un terzo dei dentisti si dichiara “sottoccupato”, soprattutto i giovani e i più anziani. La ragione è da ricercarsi in una “pazientela numericamente insufficiente” come dimostrato anche dal saldo negativo di 2.500.000 accessi “in meno” rilevato alla studio elaborato da Key-Stone.
– Rispetto a tale scenario gli onorari dei dentisti sono rimasti invariati dal 2008 in poi, con fenomeni addirittura di contrazione degli stessi per cercare di rimanere competitivi e nonostante un incremento dei costi di gestione dello studio. Anche per questo motivo l’indagine messa a punto dal Servizio Studi ANDI conferma il dato tendenziale per cui i dentisti sono portati (10%) a concentrare ed ottimizzare la propria attività in un unico studio, alienando quegli studi secondari che, complice la riduzione della domanda, risultano essere improduttivi.
– A fronte di questa congiuntura sfavorevole oramai divenuta perdurante, la professione tende a reagire con varie strategie così articolate: il 63,9% dei dentisti punta sulla maggiore efficienza degli studi; il 54,% accresce il capitale professionale investendo nelle proprie capacità; il 43,6% punta a risparmiare sulle spese di studio; il 35,6% ricerca collaborazione con altri studi e si associa con altri dentisti; il 31,9% investe nello studio per aumentare la gamma delle cure praticate; il 17,4% rivede le tariffe; il 16% ricerca collaborazione con l’odontoiatria pubblica.
– I dentisti interessati al questionario confermano un atteggiamento indifferente (29,6%) se non addirittura negativo (41,4%) rispetto ad un ruolo propulsivo dei fondi sanitari integrativi, così come l’82,6% manifesta una certa preoccupazione per il propagarsi di forme di esercizio professionale supportate da società di capitale, franchising . Tra le prestazioni che hanno pesantemente risentito della situazione attuale, il primato va alle riabilitazioni protesiche e all’implantologia fa registrare per la prima volta un significativo decremento.

Ma se questo quadro congiunturale negativo porta a rivedere piani e programmi professionali per il futuro dei dentisti, si deve però comincia ad avanzare anche una preoccupata rivisitazione dei piani e dei programmi di vita privata perché si affaccia l’affanno a causa di un tenore di vita che tende al ribasso rispetto alle abitudini conquistate.
Vanno poi aggiunge alcune considerazioni politiche e per molti fattori risulta che più “crisi professionale” siamo forse davanti ad una crisi del modello professionale, nei cofronti dei modelli finora noti, in uso nel passato anche recente.

A determinarla sono fenomeni multifattoriali come ad esempio la maggiore industrializzazione presente in alcune aree del Paese, dove si è percepito più forte il calo del potere di acquisto di quella classe media che rappresentava la fonte maggiore di reddito e di lavoro per la classe odontoiatrica

Quest’ultima valutazione è confermata da “una almeno temporanea tenuta” della professione nei capoluoghi in cui permane attivo il terziario rispetto a zone rurali. Da segnalare altre zone critiche quali quelle frontaliere, per la concorrenza dei low-cost d’oltre confine. Bisogna prendere atto che “la mutazione professionale in atto” è vissuta con maggior “sofferenza anche psicologica” dai dentisti meno giovani, mentre coloro che, soprattutto se non figli d’arte, si accostano alla professione in giovane età, si adeguano più facilmente al nuovo status professionale. Ed è una ricerca di soluzioni necessaria perché l’essenza stessa della professione odontoiatrica non consente “forme di riciclaggio” lavorativo e, per mantenere un tenore di vita adeguato, l’odontoiatra sarà portato a lavorare sempre di più, complice uno stato di sofferenza delle Casse previdenziali, accentuando così un ritardato turnover generazionale. Secondo un’analisi secondo canoni economici, potremmo allora parlare di “una professione di mantenimento più che di espansione”.

Gli odontoiatri italiani devono quindi rendersi conto con realismo della situazione in essere rispetto alla quale, per poter pensare di poter “continuare a giocare la partita professionale del futuro”, dovranno sempre più “proporsi” in modo nuovo rispetto a quella risorsa fondamentale che è il cittadino-paziente, valorizzando il rapporto fiduciario con lo stesso, investendo nella propria professionalità e nelle proprie infrastrutture.

da INFORMAZIONE.IT

Di Margiov