ECOLOGIA — Tonnellate di rifiuti finiscono nelle discariche con enormi costi ambientali ed economici. L’associazione “Occhio del riciclone” dà voce a chi ha fatto del riuso degli scarti un mestiere alternativo e un’espressione d’avanguardia.
Svuotacantine, rigattieri abusivi, baraccati e artisti da sempre riutilizzano scarti provando a far rinascere dalla “tomba” del cassonetto i rifiuti. Perché allora questa pratica non viene incentivata per migliorare la gestione dei rifiuti? L’associazione “Occhio del riciclone” in questi anni sta tentando di dare voce a chi ha fatto del riutilizzo un mestiere.
Il progetto nasce a Roma nel 2003 come inchiesta sulle abitudini dei settori per risolvere l’emergenza rifiuti. L’associazione culturale ha promosso alcune iniziative di successo, tra cui “Dal rifiuto al riuso” e nel 2006 ha inaugurato la prima sartoria artistica italiana fondata sul riutilizzo. Inoltre ha posto all’attenzione dei cittadini e delle autorità un manifesto del riuso che parte dall’esigenza di limitare i percorsi dannosi e insostenibili come possono essere le discariche e gli inceneritori.
«Attualmente – racconta Pietro Luppi fondatore del Centro di ricerca dell’associazione – le strade sono due: riciclare e riusare. Per il riciclo una soluzione è stata trovata, infatti il settore è stato assorbito dagli industriali riuniti nei consorzi, mentre per i materiali riutilizzabili il percorso è lento e pieno di problemi: uno di questi è sicuramente l’abusivismo.
Ma a Roma – denuncia Luppi – l’usato anziché essere incentivato, come dovrebbe, è penalizzato. E la mancanza di regolamentazione del settore rende la vita di migliaia di operatori dell’usato drammatica e precaria». La possibilità del Riutilizzo non industriale (Rni) è una pratica ecologica e conveniente ma le sue potenzialità spesso non vengono neanche valutate.
Tonnellate di materiale riutilizzabile vengono smaltite in discarica, producendo un notevole costo ambientali ed economico. Per questi materiali, però, esiste una strada alternativa grazie a un fiorente mercato dell’usato, composto da rigattieri e da soggetti che operano in franchising, da operatori autorizzati o abusivi che lavorano nei mercatini.
Le possibilità del Riutilizzo non industriale non si riducono solo al settore dell’usato tradizionale: una massiccia quantità di scarti può essere recuperata in settori di avanguardia, come la bioedilizia, o in attività sperimentali come il riassemblaggio di computer, la realizzazione di accessori o di opere artigianali e artistiche.
RENATA DE RENZO
da TERRA NEWS