La beffa del franchising: niente contratto
Si chiama “associazione in partecipazione” ed è un inquadramento sempre più richiesto per chi lavora nelle catene di abbigliamento: associati sulla carta, dipendenti nei fatti. Al via la campagna contro gli abusi nei centri commerciali
Liberi professionisti di nome, dipendenti di fatto. Con tanti saluti al contratto nazionale e alle sue tutele. Molti conoscono il “popolo delle partita Iva”, pratica che coinvolge circa 3 milioni di lavoratori nel nostro paese. Pochi, invece, sono al corrente di una strategia simile che sta prendendo piede soprattutto nel commercio: l’associazione in partecipazione, prassi consolidata in molti negozi in franchising delle più grandi catene di abbigliamento e in alcuni casi anche della ristorazione.
Questo tipo di contratto stabilisce che l’associante (imprenditore) attribuisca all’associato (lavoratore) una partecipazione agli utili. Chi è impiegato nel negozio può dare sia un apporto di carattere economico, sia di lavoro, come accade nella quasi totalità dei casi. Fin qui nulla di strano. Peccato, però, che il contratto non specifichi la quota di utili per il lavoratore associato e così, alla fine, lo stipendio è a discrezione del datore di lavoro, con il rischio che diminuisca in qualsiasi momento. In più, il costo dei contributi per il datore è ancora più basso di quello previsto per i collaboratori a progetto.
“Sono tantissime le richieste di tutela individuale giunte alle sedi di Nidil, della Filcams e agli uffici vertenze della Cgil”, sottolineano i segretari nazionali delle due federazioni, Roberto D’Andrea (Nidil) e Daria Banchieri (Filcams). Per questo, a partire da novembre la categoria del commercio e quella dei precari lanceranno una campagna nazionale contro l’uso scorretto del contratto di associazione in partecipazione. Le due strutture della Cgil affitteranno banchetti nei centri commerciali e nei centri storici durante i fine settimana per informare lavoratori e clienti e raccogliere segnalazioni. L’obiettivo è ricondurre i rapporti i lavoro alla normale forma da utilizzare in questi casi: il contratto subordinato.
“La presenza fisica, in particolare nei centri commerciali – spiegano D’Andrea e Banchieri – è strategica ma al tempo stessa complessa, dal momento che ci si scontra con l’impossibilità di tenere iniziative vista la natura privata delle intere aree, la difficoltà di individuare accessi pubblici (a molti di questi luoghi si accede direttamente da rampe stradali o auto-stradali), l’ampiezza e la dispersività degli spazi”. La sfida sarà proprio “incontrare chi fino a oggi non è riuscito a trovare il sindacato”.
Le due sigle di categoria si muoveranno anche su internet con un sito creato ad hoc in cui si potranno trovare tutte le informazioni dettagliate e segnalare gli abusi dell’associazione in partecipazione, anche per individuare le aziende che più utilizzano questa forma contrattuale al posto del contratto dipendente.
da RASSEGNA.IT