India: le opportunità del franchising
di Debora Malaponti
E’ in un clima di grande cambiamento e di resistenze che il 2 e 3 Dicembre si svolge a New Delhi il nono appuntamento internazionale di “Franchise India”: centinaia di espositori nazionali e internazionali, decine di migliaia di investitori e consulenti si confronteranno sulla formula vincente del franchising, nel Subcontinente come in Italia.
Ecco i numeri che, secondo le previsioni, sono destinati a salire nei prossimi anni: 650 i marchi in franchising domestici, 200 quelli internazionali, 6 milioni gli impiegati, 40% dei brand nel commercio al dettaglio e 30% nei servizi. Gioielli, moda, real estate, cibo e bevande, ospedali e alberghi: tutto può nascere, crescere ed essere replicato ad una velocità che solo un’economia emergente può sperimentare. Cambiano i bisogni di oltre un miliardo di consumatori, cambiano i mercati e fioriscono nuove professionalità capaci di fiutare il profitto e arrivare prima di tutti. Ed ecco che, laddove l’Elefante si muove lento e a fatica – il sistema educativo pubblico – sopraggiunge la lepre – il privato –mettendosi in franchising.
Secondo una ricerca di “Franchise India”, l’industria privata della formazione, dove i concetti della new age si applicano all’insegnamento dai primissimi anni di vita fino a dopo l’università, è in pieno boom. Brainobrain, Brainworks, Sportybeans, SmartQ, sono solo alcune delle strutture in franchising che si occupano di sviluppare in bambini e adolescenti indiani capacità cognitive e pratiche secondo un modello educativo “out-of-the-box”, alternative rispetto al sistema scolastico nazionale nel caso degli asili, complementari invece alle scuole elementari.
Si va dall’insegnamento della numerazione cinese alle lingue straniere, dalla danza agli sport, mettendo al bando libri o riducendone al minimo l’utilizzo. Ma i genitori indiani chiedono di assecondare desideri e ambizioni per i propri figli ben oltre l’età adolescenziale. Lo dimostra l’ enorme giro d’affari che ruota intorno alle altre due vere nuove frontiere della formazione in India: la cosiddetta “formazione supplementare” (6.7 miliardi di dollari) ovvero l’industria di preparazione ai test d’ingresso nelle università d’eccellenza, per lo sviluppo della personalità e i servizi di tutoraggio, e la formazione professionale (1.4 miliardi di dollari) in diversi settori: informatica, Business Processing Outsourcing, alberghiero, selezione del personale, management, ….
Nel settore della formazione il vantaggio immediato del franchising è cavalcare i cambiamenti rapidi nel mercato e nella società indiani e trarne profitto, a fronte di un investimento iniziale minimo, ma, al tempo stesso, consente di aggirare gli enormi ostacoli imposti dalla legislazione nazionale alle attività di investitori esteri. Volgendo uno sguardo verso casa nostra, secondo Gaurav Marya, presidente di “Franchise India”, a Milano in occasione della Fiera del Franchising conclusasi da poche settimane, infinite sarebbero le opportunità per gli enti di formazione italiani nel design e nella moda, ad esempio, ancora tutte da esplorare.
La formula del tutto incluso esercita grande fascino anche nel settore del commercio al dettaglio, dove è in corso una vera e propria rivoluzione. Se il Governo indiano vincerà le resistenze interne alla propria maggioranza e all’opposizione, oltre a quelle di milioni e milioni di commercianti inferociti in tutto il paese, accanto a The Body Shop, Lotto, Dunkin’ Donuts e Subway, spunteranno come funghi punti Walmart e Carrefour e, solo allora, la guerra a Pechino si potrà dire ad armi pari.