“Sempre più franchising in centro.
Catene e lucchetti ai negozi storici”
Sempre più locali sgombri e cartelli “AffitTasi” e “Vendesi”. Manichini smontati, luci spente e nessun abito appeso: insomma, una città fantasma… L’Ascom: “Il problema non è solo il numero di negozi che chiudono, ma la qualità”
Reggio Emilia, 6 agosto 2009. CATENE E LUCCHETTI alle porte dei negozi.
Facendo una passeggiata tra le vie del centro storico, sono sempre di più, i locali impietosamente sgombri. Li intravedi tra i ritagli dei cartelloni strappati appiccicati sui vetri. Altri non li hanno neppure messi. Sotto gli occhi di tutti, i manichini smontati e accatastati in un angolo, le luci spente e nessun abito appeso. A comporre un altro tassellino del puzzle della ‘città fantasma’.
CHIUDONO I NEGOZI, e non sempre a fine anno, come accade solitamente per ragioni di ‘cassa’. Ora le serrate arrivano anche in piena estate. I conti non tornano, i clienti sono sempre più esigenti e oculati, preferiscono spendere meno in cose futili e investire qualcosa in più sulla qualità. Catene ‘in franchising’ che inaugurano e chiudono i battenti nel giro di un anno. I dati del 2008 davano un saldo positivo: 23 esercizi commerciali in più erano stati inaugurati nel Comune di Reggio. I numeri del 2009, non ancora forniti dall’amministrazione comunale, non potranno però essere così rosei.
LE MOTIVAZIONI? «Non c’è solo la crisi — spiega Paolo Ferraboschi, membro del comitato di presidenza Ascom —, hanno contribuito a questo ‘svuotamento’ anche i provvedimenti sul centro storico e la concorrenza della grande distribuzione che complessivamente, nella nostra città, sta crescendo. Per quanto riguarda il centro non sono ancora stati risolti i grandi nodi della accessibilità».
Il punto di vista dei commercianti, viene interpretato da Alessandro Grande, vice direttore di Ascom.
Molti negozi del centro storico stanno abbassando la saracinesca, quali sono le conseguenze? «Il problema non sta solamente nel numero dei negozi che chiudono. Ma sulla loro qualità. Se cessa un’attività che sta in piedi da vent’anni e viene sostituita da un esercizio ‘in franchising’, la situazione per la città è molto diversa».
Cosa può cambiare? «L’indice di novità. Cambia la ‘faccia’ dei nostri centri storici. La loro personalità. Se ogni ‘salotto buono’ delle città dell’Emilia diventa uguale a se stesso, se i negozi e i marchi che possiamo trovare a Reggio sono gli stessi di qualsiasi altra città del globo e di Tokyo, ad esempio, dove sta il valore aggiunto?».
A cosa bisogna stare più attenti dunque? «C’è da guardare chi chiude nel contesto reggiano e da chi viene sostituito. Se un negozio aveva un certo tipo di tradizione e di storia e viene rimpiazzato da un marchio di livello medio-basso, non ci si può stupire poi dello scarso ‘appeal’ che ha il Comune di Reggio rispetto alla Provincia».
Quanti negozi hanno chiuso dall’inizio del 2009? «Purtroppo è un dato che non abbiamo sotto controllo. Solo il Comune sa quante attività hanno cessato, quante hanno aperto e di che tipologia. Loro hanno il polso della situazione. Quello che sappiamo è che nel Comune di Reggio ci sono circa 850 attività commerciali in tutto».
Oltre alle reali serrate, un altro dato all’armante è quello dell’intenzione a chiudere dei commercianti. «Infatti. Di solito questi intenti si misurano da novembre in avanti. Ma non nascondo ci siano negozianti disposti anche a ‘svendere’ la propria attività se gli venisse fatta una proposta. Quelle offerte che di solito si rifiutano a occhi chiusi, oggi potrebbero essere accettate».
Per il futuro? «Diciamo che le prospettive di fine anno non sono particolarmente gioiose».
di BENEDETTA SALSI
da IL RESTO DEL CARLINO