Sab. Nov 23rd, 2024

Coin alla fase tre: «Crescita estera e lusso»
Stefano Beraldo traccia la nuova sfida di Gruppo Coin, campione italiano del retail

Nel giorno in cui l’assemblea dei soci mette l’ultimo sigillo al passaggio dall’era Pai a quella Bc Partners, Stefano Beraldo traccia la nuova sfida di Gruppo Coin. Dopo aver raccolto, nel 2005, le redini di una società sull’orlo del baratro portandola a vestire i panni di campione italiano del retail, Beraldo lancia la fase tre. Dal risanamento alla crescita in Italia, culminata con l’acquisto di Upim, ora la missione del manager – confermato ieri da Bc quale amministratore delegato «con ampi poteri» insieme al presidente – parla di estero e lusso. «La scommessa è crescere in modo significativo fuori dai confini nazionali» spiega Beraldo. «Non solo tramite aperture di franchising ma anche con negozi diretti, eventuali acquisizioni di catene e joint venture».

A quasi undici anni dalla campagna tedesca che portò Coin ad acquistare la catena Kaufhalle – passo che provocò un bagno di sangue al gruppo – Coin torna a mettere l’estero tra le priorità. Una sfida che avrà nelle insegne Ovs, Ovs Kids e Coincasa le teste di ponte. «Abbiamo già aperto un Ovs diretto a Parigi, in India e Cina la strada sarà, invece, quella delle joint venture. Puntiamo poi a consolidarci nell’Europa dell’Est. In Russia, tra venti giorni, apriremo a San Pietroburgo, poi a Mosca. Ci interessano, infine, i mercati di Polonia e Turchia dove ancora non siamo presenti».

Nessuna anticipazione sui numeri, resta il fatto che dalla pubblicazione del nuovo piano triennale i negozi esteri sono saliti a 93 con altri 10 Ovs e tre Coincasa. «Durante le trattative con i fondi – riflette Beraldo – abbiamo ricevuto più domande sul perché l’Italia non cresce che su Gruppo Coin. Fino a quando i tagli saranno orizzontali il problema non si risolverà». Digerito il boccone Upim (già 11 milioni di margine operativo lordo, nel 2011 sarà sopra i 45 milioni) la volontà è crescere all’estero. Ma non solo, visto che con la prossima apertura del primo department store Excelsior – a settembre l’inaugurazione a Milano – Coin allarga ulteriormente il ventaglio dei segmenti di mercato presidiati aprendosi al mondo del lusso. «In Italia mancano spazi per questa fascia – spiega Braldo -. L’alternativa ai negozi di strada, ovvero i department store, nel nostro Paese non esiste. A Milano si troveranno marchi quali Tiffany, Manolo Blahnik, e altri brand noti ai fashion victims. Ci saranno, ad esempio, solo 300 metri quadrati dedicati alle calzature: è un progetto importante, al quale stiamo lavorando da un paio d’anni».

Il modello sarà replicato a Verona (tra un anno e mezzo) e c’è un progetto anche per Padova (piazza Garibaldi) con uno store dedicato solo al gioiello e alla pelletteria. «In tutto – conclude su questo progetto Beraldo – potremmo arrivare ad aprire 5-6 negozi Excelsior».

Forte di primi riscontri positivi sui saldi estivi («e diversamente da quanto sta facendo segnare il settore» precisa Beraldo), Gruppo Coin attende, per fine esercizio, un margine operativo lordo «in decisa crescita». «I sei negozi Upim già convertiti in Coin e Ovs mediamente vedono crescere del 35-45% il loro fatturato. Anche il format Upim Pop funziona, tanto che dei 40 negozi non convertiti ne chiuderemo solo otto».

Intanto è stato presentato il documento relativo all’Opa che Bc dovrà lanciare su circa 30 milioni di titoli Coin che non controlla. L’offerta, come noto, sarà di 6,50 euro ad azione è dovrebbe partire il 10-11 agosto per chiudersi all’incirca a metà settembre. In caso di successo il gruppo sarà delistato. «Una nuova quotazione? È prevista tra le soluzioni per permettere a Bc di valorizzare, quando lo deciderà, il suo investimento». Sempre alla luce dei risultati dell’Opa, Icon (veicolo controllato da Bc che detiene il 100% di Giorgione Investimenti che, a sua volta, ha in pancia le azioni Coin) deciderà se procedere alla fusione diretta o inversa in Gruppo Coin: il debito relativo all’acquisizione da Pai (circa 300 milioni), infatti, oggi grava su Icon e Giorgione.

«Perché non abbiamo trovato un finanziatore italiano? Hanno tutti investito in Alitalia, e francamente non capisco ancora il perché».

da NUOVAVENEZIA.GELOCAL.IT

Di Margiov