Padova e il pane da 7 euro al chilo
Il Franchising di un mulino impone prezzi e modalità di vendita. Dura reazione di Vecchiato: L’antitrust avrà pane per i suoi denti
Ecco una vera occasione per i consumatori patavini: pane fresco a 7 euro al chilo, invece che a 3,30, con la possibilità di comprarlo, allo scadere delle prime 12 ore, a soli 4 euro. Sarà un pane già un po’ “riposato”, costerà ancora 70 centesimi in più rispetto a quello tradizionale appena sfornato. Ma volete mettere? E’ fatto con farina “firmata”. Dunque…
La novità, che ha suscitato perplesse reazioni da parte dei fornai della Città del Santo, è frutto di una iniziativa dal Molino Quaglia che, nei giorni scorsi, ha lanciato un nuovo tipo di format produttivo e di prodotto imponendo prezzi, tempistica di realizzazione e anche di consumo. Una specie di franchising, sottolinea Luca Vecchiato, presidente dell’associazione provinciale panificatori, proposto ai fornai a 150 mila euro: 20 mila da pagare all’atto della concessione, altri 130 mila opportunamente diluiti, grazie al sostegno finanziario di una banca, individuata e segnalata agli aspiranti a questa affiliazione commerciale. Al centro della proposta operazione, è una farina macinata a pietra, che il mulino ha sul mercato da un paio d’anni.
La stampa locale ha dato notizia dell’iniziativa, chiamata Mamapetra, che ha anche un assai apprezzabile risvolto benefico: una parte del ricavato sarà devoluto dai promotori alla Città della Speranza, per la costruzione di nuovi alloggi destinati all’ospitalità di genitori di bambini che devono affrontare cure oncologiche. Sorprendentemente, tuttavia, i 7 euro al chilo pare non abbiano impressionato nessun cronista. Neppure quelli che in altre circostanze, hanno messo in croce i fornai per aver aumentato il prezzo di 10-20 centesimi, magari dopo anni di listini fermi.
Mai più lunghe notti davanti al forno, promettono gli ideatori dell’iniziativa: con questo sistema “i panettieri lavoreranno soltanto di giorno e sotto gli occhi del pubblico”. Il lavoro potrà essere organizzato su turni di 6 ore, “alla portata anche delle donne, che avranno così il tempo di dedicarsi alla famiglia”. Tutto questo sarà possibile “grazie al tipo di pane preparato, concepito per ottimizzare tempi e costi”. Verranno sfornate pagnotte da 2 chili, da vendere intere ma anche a pezzi, la cui durata sarà di tre giorni”. La lunga durata del pane ne determinerà anche il prezzo, che scenderà in rapporto alla durata residua: 7 euro il chilo fresco, 4 euro dopo 12 ore “con ancora due giorni e mezzo di durata”), 2,50 euro per il pane del giorno prima, 1 euro per quello di due giorni prima. “Per tre giorni”, ha spiegato uno dei promotori al quotidiano Il Mattino, “il pane mantiene intatta tutta la sua freschezza, quindi non è che la qualità diminuisca, anzi”.
Di tutta questa vicenda il solo aspetto che Luca Vecchiato si sente di salvare è quello benefico dell’iniziativa. Per il resto, il presidente dei panificatori spara a zero su “Mamapetra”. “L’iniziativa”, afferma “è quanto meno denigratoria nei confronti di chi il pane buono lo fa da sempre con sacrificio e professionalità. Per quanto riguarda la nostra provincia, si tratta di più di 200 esercizi. Ma, senza scomodare i massimi sistemi, direi che la nostra perplessità si basa su tre punti fondamentali riguardanti la “manovra” prevista per i prezzi: il prezzo definito, il livello del prezzo stesso, l’offerta del pane non fresco a prezzo ribassato”. Ecco, di seguito, le obiezioni del presidente patavino.
“Io credo che l’Antitrust avrà davvero pane per i propri denti”, dice Vecchiato, “visto che non è lecito imporre un prezzo di vendita per i prodotti della panificazione. “Mama Petra” invece si è presentato con una scansione di prezzi ben definiti che, a mio parere rappresenta una violazione della norma”.
“E’ un prezzo”, continua Vecchiato, “più che doppio di quello medio di vendita del pane nella nostra provincia, che mediamente è intorno ai 3,30 euro. Ma, vale sempre la pena ricordarlo, lo si può trovare anche a meno, proprio perché il prezzo di vendita è in capo alle decisioni di ogni singolo panificatore. Resta da capire, dunque, perché un prezzo così elevato goda di tanta benevola accondiscendenza quando, normalmente, aumenti anche minimi e giustificati passano per “salassi” ai danni dei consumatori”.
“Un pane venduto il giorno dopo”, aggiunge Vecchiato, “è un pane che, per legge, viene definito “raffermo”. Il “pane fresco” è dunque tutt’altra cosa ed hanno un bel dire, quelli del Molino Quaglia, che il giorno dopo “è anche più buono”. Riconoscendo tecnicamente in una grande pezzatura da due chili, come quella proposta, una minore propensione all’invecchiamento, si dimentica che le grandi pezzature vengono sempre prodotte dai panificatori artigianali e vendute a prezzi pari alla metà del prezzo abilmente promozionato. In questo senso non c’è nessuna logica nel format proposto dall’industria molitoria della Bassa Padovana, perché non aumenta di una virgola la qualità del pane e, anzi, lo fa diventare un “prodotto outlet” anche se solo dopo uno o due giorni dallo sfornamento, con tutte le conseguenze del caso. In altri termini: “Mamapetra” farà sicuramente bene ai bilanci di Molino Quaglia, ma non certamente alla freschezza e all’alta qualità del pane che, per tradizione e lavorazione è quello che, lavorato di notte, viene sfornato fresco e soprattutto venduto tale, giorno per giorno”. “Peccato”, conclude Vecchiato, “che un’iniziativa finalizzata alla promozione di un prodotto, di una materia prima e di un modo diverso di vendere il pane, per come è stata presentata, abbia finito per creare confusione nei consumatori”.