Da gennaio è sbarcato in Inghilterra. Ora punta all’India per poi spostarsi a Singapore, Hong Kong e Taiwan. «Ma guardiamo già oltre: all’America centro-meridionale e ad alcuni Stati africani».
Valter Scavolini, 67 anni e un entusiasmo che i suoi stessi figli ammettono d’invidiargli, davanti alla crisi che ha colpito anche la sua azienda è ben lontano dal lasciarsi prendere dal pessimismo. Con i suoi 220 milioni di euro di fatturato, Scavolini è sempre uno dei dieci marchi più conosciuti in Italia. Ma Valter, che ha fondato l’azienda a Pesaro nel 1961 con il fratello Elvino, non si accontenta e ha messo a punto, un anno fa, un nuovo piano di espansione mondiale al quale non ha intenzione di rinunciare.
Che cosa la fa essere così ottimista? Siamo sempre cresciuti al ritmo del 10% e abbiamo avuto il primo lieve calo nel 2008.
Come avete affrontato la crisi? Potenziando la rete commerciale.
Dove? In Italia contiamo già molti punti vendita. È all’estero che, adesso, ci sono enormi potenzialità da sfruttare.
A quali Paesi sta pensando? Questo per noi è l’anno dell’India: entro il 2010 apriremo almeno 10 negozi monomarca. Siamo stati coinvolti anche in un importante progetto nella città di Kochi, nello Stato del Kerala.
Di che cosa si tratta? Forniremo 400 cucine per il lussuoso complesso residenziale Dewa Royale.
Significa che punterete su modelli di fascia più alta? No. Siamo riusciti ad arginare le perdite proprio perché abbiamo diversificato la produzione.
In che modo? Per esempio la linea Scavolini Basic si rivolge a chi è attento al prezzo ma non vuole rinunciare alla qualità. Ma abbiamo creato anche una Yacht Division che fa capo al nostro marchio di fascia alta «ernestomeda»: è dedicata alla progettazione di cucine per yacht e grandi navi da diporto.
Collaborate con qualche costruttore? Sì, con Pershing.
Tiriamo allora le somme: come sta andando questa prima parte del 2009? Abbiamo aumentato le vendite di tutti i modelli.
Più cucine, eppure meno incassi: i consumatori scelgono modelli meno cari? Proprio così.
Avete mai pensato di lanciare un altro marchio? Sì, ma abbiamo scartato l’ipotesi. Mai come oggi il consumatore ha bisogno di avere una marca di riferimento, e noi vogliamo essere quella del settore cucine.
A quali Paesi toccherà dopo l’India? A breve e medio termine continueremo con l’Asia: entro l’anno prossimo contiamo di aprire dei monomarca, in particolare a Hong Kong, Singapore e Taiwan.
E poi? E poi ci espanderemo nel continente americano e soprattutto in Sud America. Presto avremo negozi in Brasile, Colombia, Ecuador e Argentina. Infine in Africa: ci arrivano segnali incoraggianti dai Paesi del Maghreb, dal Ghana, dalla Nigeria e dal Sudafrica.
Un po’ meno dall’Europa, invece? Beh, non la trascureremo di sicuro. Anzi, il nostro nuovo piano di espansione è partito lo scorso gennaio dall’Inghilterra, dove abbiamo inaugurato il primo monomarca inglese a Wokingham nel Berkshire, una ricca zona a sud del Paese.
Il prossimo passo sarà Londra? Credo di sì, ma non posso sbilanciarmi.
Avete in programma altre aperture europee? Per il momento no.
Perché? Non crede che il mercato europeo si riprenderà presto? Il punto è che in Europa abbiamo già una buona presenza. È il momento di rafforzarci in altre aree.
Fino a pochi anni fa l’export, pari al 15%, era un suo cruccio. Ora la situazione è cambiata? Purtroppo non molto, siamo al 18%. Sempre colpa del brutto 2008? Sì. Abbiamo cominciato a espanderci all’estero solo una decina di anni fa e fino al 2007 siamo cresciuti al ritmo del 20% all’anno.
A che quota punta? Non sarò contento finché non arriveremo al 30%.
Anche con partner locali? No. Abbiamo soltanto aperto una società negli Usa, a New York.
È il preludio a una politica più aggressiva anche negli Stati Uniti? Quest’anno apriremo un flagship store. Poi si vedrà.
Le nuove aperture saranno di vostra proprietà o in franchising? Tutte in affiliazione. Preferiamo rimandare un investimento tanto oneroso.
In questo periodo di crisi avete dovuto tagliare risorse umane? No! Non è mai successo in tutta la nostra storia. Al contrario abbiamo confermato tutti i contratti a termine e non abbiamo fatto un’ora di cassa integrazione.
Quest’anno avete avviato il progetto Green Mind, «mente verde». Puntate su una politica ambientalista? In realtà questo è solo l’ultimo passo di un cammino lungo anni: fin dal 2004, con la certificazione del sistema di gestione ambientale Iso 14001, ci impegniamo per assicurare il continuo miglioramento delle prestazioni ambientali lungo l’intero ciclo di vita del prodotto.
Quali sono gli obiettivi di Green Mind? Semplicemente avere una produzione «verde». Da gennaio 2009 le nostre cucine sono realizzate con i pannelli ecologici Idroleb del gruppo Saviola, con la più bassa emissione di formaldeide al mondo. E utilizziamo ZeroE Planet, l’energia elettrica nata dalla collaborazione tra Edison e LifeGate: è prodotta da fonti rinnovabili e a impatto zero sull’ambiente.
Quanto avete investito nel progetto? Tanto, ma ne vale la pena.
Questa decisione inciderà molto sui prezzi finali? Assolutamente no. È una scelta aziendale nella quale crediamo tutti e non vogliamo farla pesare al consumatore.
Quattro figli lei e quattro suo fratello. Come vanno le cose con l’ingresso in azienda della seconda generazione? Benissimo. Anche perché ognuno di loro è entrato dal basso e si è ritagliato il ruolo per il quale è più portato.
Di Borsa non vuole sentire parlare? Non ho cambiato idea sull’argomento. Tutti i nostri progetti sono a medio e lungo termine e non abbiamo bisogno di far entrare denari freschi per espanderci in fretta. Tanto più che l’azienda si è sempre autofinanziata.
Anche adesso? Sì, siamo finanziariamente autonomi. È vero che il nostro cash flow è diminuito, eppure siamo riusciti a concretizzare tutti i progetti in programma. Senza contare gli investimenti in tecnologia.
Cioè? Reinvestiamo quasi tutti gli utili per l’innovazione.
Che cosa avete fatto quest’anno? Da poco è entrato in funzione un secondo magazzino automatico e stiamo già mettendo a punto altri miglioramenti nella gestione della produzione.
E gli investimenti pubblicitari? Sono sempre fondamentali, tanto più in questo periodo di espansione. Anzi, quest’anno abbiamo aumentato l’investimento con una forte presenza sui quotidiani. E non toccatemi le sponsorizzazioni sportive!
Il vostro nome è legato a Scavolini basket… Siamo ancora cosponsor e coproprietari di Scavolini. E sponsorizziamo la squadra di pallavolo femminile di serie A1 Robursport di Pesaro, che ci sta dando grandi soddisfazioni.
da BLOGONOMY