Dom. Nov 24th, 2024

lavazza_caffetteria_franchisingFranchising, un antidoto alla crisi qualità e prezzo le due carte vincenti
GIRO D’AFFARI IN SALITA E NUMERO DI OCCUPATI STABILE NONOSTANTE I CONSUMI NON RIPARTANO I SEGRETI DI UN SETTORE CHE VA CONTROTENDENZA E DOVE L’ITALIA FA LA PARTE DEL LEONE

Milano Una risposta alla crisi da un settore in controtendenza. Con un Prodotto interno lordo che cala da tre anni consecutivi, il segno più davanti alla voce fatturato accredita il franchising italiano come una possibile risposta alla crisi. Nel 2013 il giro di affari è salito dell’un per cento a 23,5 miliardi di euro e per l’anno in corso si stima che possa archiviare un +0,7%. Certo non si tratta di crescite a doppie cifre, ma con i segni meno che attraversano l’economia, un risultato positivo lascia qualche speranza insieme con la pur lenta ripresa dei consumi. In Italia l’attività economica resta debole e nel terzo trimestre il Pil dovrebbe registrare una nuova, lieve flessione. «Dopo una sostanziale stabilizzazione nella seconda parte del 2013, l’economia italiana – scrive la Banca d’Italia nel suo ultimo Bollettino – è tornata a indebolirsi». La flessione degli investimenti e, in misura minore, l’andamento sfavorevole del commercio internazionale sulle esportazioni, lasciano ancora poco spazio al miglioramento dei consumi delle famiglie, che hanno comunque registrato un modesto rialzo. Nei primi due trimestri dell’anno la spesa delle famiglie è salita su base congiunturale dello 0,1% e dello 0,2%. «Vi ha contribuito il deciso aumento della fiducia registrato fino alla primavera. Nei mesi estivi le opinioni delle famiglie sul quadro economico generale sono peggiorate; tuttavia nella media giugno-agosto la produzione industriale nei settori dei beni di consumo

ha significativamente accelerato e nel terzo trimestre sono lievemente aumentate le immatricolazioni di autovetture ». Tutti segnali che fanno ben sperare le reti franchising, che pur mostrando una sostanziale tenuta in tempi di crisi, sono avide di consumi. La crisi economica ha certamente inciso in profondità sui gusti e le tendenze di acquisto dei consumatori, i quali sono sempre più informati ed orientati verso il migliore rapporto prezzo-qualità con una tendenza a scegliere sulla base del prezzo, dando per acquisiti e necessari elevati standard di qualità. I punti di forza del franchising possono essere proprio la qualità, quando il marchio è riconosciuto, e il prezzo, che si ripropone uguale in tutta la rete di vendita indipendentemente dal luogo in cui si trova il negozio. La tenuta del settore, poi, è scritta nei dati di Assofranchising: tra il 2012 e il 2013, il numero delle reti attive è rimasto sostanzialmente invariato: erano 938 e sono diventate 939, con una prevalenza (88,8%) di franchisor italiani. Gli stranieri sono solo 71 (7,6% del mercato), in crescita di cinque unità rispetto al 2012, mentre le reti che operano in Italia solo con franchisee ma con sede legale in un Paese estero sono 34 (3,6%). Il franchising sembra dunque arginare l’emorragia che ha colpito altre forme di strutture aziendali, ma allo stesso tempo può essere considerato un volano per l’occupazione, in un momento in cui i disoccupati sono pari al 12,3% della forza lavoro. Chi detiene un marchio, e ha un’attività da almeno un anno, lo può replicare facilmente in tutta Italia o anche all’estero senza dover affrontare i problemi che comporta l’apertura di punti vendita posseduti direttamente. Chi invece vuole avviare un’attività e si trova senza i finanziamenti delle banche ridotti al lumicino, può farlo senza iniziare da zero e con tempi più veloci, contando sui fidi della categoria. L’investimento, poi, o è uguale o inferiore rispetto al mettersi in proprio. Tra il 2008 e il 2013, anni in cui la crisi ha imperversato in Europa, l’Italia ha visto il franchising crescere del 5,5% come giro di affari, del 14,2% come insegne operative e del 4,5% come occupati. Il franchising prima era associato al grande marchio nazionale o internazionale, ora anche il produttore locale di dolci tipici o di servizi può creare una rete propria, con nuovi imprenditori e posti di lavoro. A fronte della chiusura di punti vendita (-0,5% in cinque anni) non c’è stato il temuto calo dell’occupazione. In particolare, nel 2013 il sistema franchising ha assicurato un’occupazione a 187.384 persone. A fronte di tale dato, sono aumentati anche gli occupati in media per ogni singolo punto vendita, attestandosi a 3,7 unità per punto vendita (+2,8% rispetto al precedente anno). In genere tutti i settori hanno avuto un andamento positivo con un fatturato globale cresciuto nel 2013 di 243 milioni di euro a 23,5 miliardi di euro. L’unico grande malato è il settore immobiliare. Le agenzie hanno comportato una perdita di fatturato di quasi 120 milioni, di 695 punti vendita in franchising e di 1.823 addetti occupati. Senza questo tracollo, il giro d’affari avrebbe avuto un incremento dell’1,6%, una ridotta perdita del numero di punti vendita (-0,8%) e un aumento degli addetti occupati (+1,1%). La parte del leone nella divisione del fatturato spetta alla Gdo Food – alimentari che da sola conta per un terzo del giro d’affari (7,3 miliardi), seguita dai prodotti e servizi specialistici (2,2 miliardi con una quota del 9,48%) e dall’abbigliamento uomo-donna che con un 1,5 miliardi si porta casa il 6,6% del mercato. 1 2 3 LA GDO GUIDA LA CLASSIFICA Il comparto Gdo food-alimentari (1) guida la classifica del franchising (7,3 miliardi di fatturato), seguito da prodotti e servizi specialistici (2) e dall’abbigliamento uomo-donna (3).

Walter Galbiati da repubblica.it

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Di Margiov