L’abito da sposa? Nella crisi me lo procuro con il baratto
Esposizione al confine tra Caserta e San Nicola la Strada dove si trovano anche gli oggetti delle unioni fallite
Un amore finito tra fidanzati, o una unione scoppiata tra coniugi, tra i tanti grattacapi seri e fastidiosi che comporta ha anche quelli del cosa farsene dei regali ricevuti al tempo in cui tutto filava liscio come il miele e, poi, è finito a scorrere come il fiele. Dell’ingombro si fa carico Mercatopoli, che nella sterminata esposizione di cose usate da vendere, ha il settore della Extherapy, come una vetrina di San Valentino all’incontrario in cui si vendono oggetti carichi di pessimi ricordi sopravvenuti con – una chicca velenosa questa – avviso dell’intervenuto e remunerato disfacimento, a chi quel regalo aveva fatto, con un cartoncino postale che, si assicura, ha l’effetto di un elisir di serenità. Per il mittente, certamente; per il ricevente chissà. Fare business, battere nuove strade o anche riasfaltare quelle vecchie, nel senso di adeguarle ai tempi. I mercatini dell’usato non sono una novità, ma questo al confine tra Caserta e San Nicola la Strada, territorio ex Saint Gobain, non è un mercatino da svuota-cantinòla.
Già il fatto che si chiami Mercatopoli e che è inserito in un circuito nazionale, quindi un franchising con tanto di sito web, dice di quanto il praticare il baratto, mettere in una vetrina disponibile l’oggettistica e tutto, ma proprio tutto, sia eccedente negli armadi, nei depositi di casa e nel comparto «cuori infranti», si sia messo subito in riga con i tempi. Che esigono comunicazione rapida, visibilità massima, concretezza e immediatezza nella realizzazione del business che, ovviamente, deve soddisfare le due parti, chi porta una «cosa» e chi la vende. Libera Marangio gestisce con dinamicità, in accomandita societaria con la figlia Arianna e la nipote Ilaria, questa attività che controlla da una plancia di comando da dove far ruotare gli occhi e collegarli con la mente, prima che col computer, per visualizzare nei vari comparti tutto ciò che è censito. Nel centro elaboratore di dati ci sono le liste degli oggetti in vendita, il prezzo di valutazione per ciascuno, l’accredito al venditore, in contanti, del 65% del prezzo concordato.
Trascorsi i sessanta giorni dalla data di carico indicata sull’etichetta, il prezzo subisce uno sconto-abbattimento che può arrivare anche al 50 per cento. «Poche regole, chiare e trasparenti le nostre – dice Libera Marangio -. Si vende e si guadagna in due, l’altro compra e risparmia. Nella nostra esposizione accettiamo oggetti, abiti, utensili, cose di ogni specie usate purchè in ottime condizioni. Non facciamo da svuota cantine, anche la cosiddetta oggettistica vintàge deve avere la sua dignità per lasciare una casa ed entrare in un’altra». Siamo in tempi critici, ha notato proposte di vendite per necessità di economia domestica? «Eccome – dice -, si legge negli occhi dei proponenti quando ci si disfa di un oggetto, un mobile, anche un abito cui si tiene». In esposizione c’è un abito da sposa. «Che si vendono – dice – con buona soddisfazione di chi sa che non deve indossarlo più e di chi vuole risparmiare sulla spesa di una mise di una sola occasione. Le abitazioni dei nuovi sposi, oggi, sono piccole. Dove li metti quei fagotti di tulle e merletti?».
Franco Tontoli
da CORRIERE.IT