Sono più numerosi dei negozi cinesi e dei parrucchieri. Ci puoi entrare senza comprare nulla, anzi, il più delle volte esci e ti ritrovi il portafoglio gonfio. Ancore di salvezza ai tempi della crisi, funzionano come un bancomat quando il conto è in rosso: sono i «Compro oro». In pochi anni ne sono spuntati centinaia. A Milano e in tutta Italia. In alcuni quartieri ce n’è uno ogni cento passi e non si tratta solo di catene in franchising perché anche le gioiellerie storiche, per reggere questa capillare concorrenza, richiamano i clienti con i cartelli «Compro oro, paghiamo subito in contanti». Da Bande Nere al Gratosoglio, da via Padova a Buenos Aires, da viale Sabotino a Ripamonti. Senza tralasciare il centro: via Torino, via Lupetta, via dell’Unione, alzi gli occhi e ti imbatti nell’insegna luccicante. Succede anche nelle strade chic, Mercanti, Verdi, Dell’Orso e Monte di Pietà. A Milano sono circa 400. Se l’offerta è così ricca è facile pensare che lo sia anche la domanda. Così sulla bilancia finiscono anelli, orecchini, collier di pregio ma anche i gioiellini-ricordo della Cresima o gli orologi regalati per la laurea.
Pochi euro ma subito
«C’è chi entra solo per vendere la fede di pochi grammi – riferisce una gioielliera di via Torino -. In genere sono uomini, dicono che vogliono disfarsene perché la moglie non c’è più o se n’è andata. Mi ero prefissa un limite, accettavo solo pezzi dai 10 grammi in su, ma cosa vuole, non sono riuscita a dire di no e ora accetto anche le fedi». C’è chi si vergogna ad ammettere di aver bisogno di cento-duecento euro «ma io dico non sono queste le cose di cui ci deve vergognare» è l’incoraggiamento della gioielliera. Davanti al bancone come dal confessore: c’è la signora che deve pagare la liquidazione alla domestica, la coppia che vorrebbe dare una mano al figlio «per il mutuo, un vero salasso». Si rinuncia volentieri ai gioielli di famiglia quando un figlio si sposa ma anche per fare un viaggio: «Perché dovrei tenerli nel cassetto, per farmeli rubare?» dice a voce alta una signora dall’oreficeria di viale Sabotino.
Per curare il gatto
All’Oro cash di viale Bligny se la ricordano ancora quella vecchietta, ogni settimana si privava di qualcosa. «Il mio gatto è in fin di vita ma non lo voglio sopprimere – raccontava alle commesse -. Ha un’insufficienza renale, il veterinario gli fa una flebo al giorno e non so più come pagare le cure». Così per non privarsi della compagnia del gattino la signora ha sacrificato l’orologio d’oro, gli orecchini antichi e un bracciale della sorella. Conferma il trend Rinaldo Cusi presidente dell’associazione orafa (dettaglianti) lombarda: «Questi negozi pullulano per vari motivi. Da un lato è da considerare la crescita del valore dell’oro, passato in cinque anni da 10-12 euro al grammo fino a 24 euro (si riferisce all’oro puro, al lingotto), dall’altro il momento di crisi, c’è poca liquidità e si riconferma il valore di questo metallo, un bene rifugio, che esce dalle case per essere monetizzato».
Per l’ipod o le scarpe
«Una volta la permuta andava per la maggiore, le signore volevano un gioiello nuovo, portavano il vecchio e magari aggiungevano la differenza – racconta Consilia Villani dalla “Gioielleria del corso” in Buenos Aires -. Oggi quello che chiedono è denaro cash. Soprattutto le signore senza un reddito, chi si è appena separato, chi è fresco di nozze e deve affrontare più spese. Ma ci sono anche molti giovani, qualcuno fa valutare l’orologio d’oro ricevuto per la laurea, tiene il quadrante e sacrifica volentieri il cinturino. I ragazzi non indossano gioielli, li portano qui per comprarsi l’ipod o le scarpe sportive». La gioielleria «Premier» in via Unione da più di mezzo secolo, espone il cartello «Compro oro» soltanto da due anni. «Il fenomeno è in crescita e noi ci siamo adeguati – spiega il titolare -. Nei momenti di grossa crisi la gente non ha più fiducia nella Borsa per questo sale anche il valore dell’oro. Chi ce lo porta? I filippini che in passato ne hanno acquistato tanto, catenone, crocifissi stile barocco, grossi bracciali, ora non lo vogliono più. C’è un passaparola da una famiglia all’altra». Ma c’è anche chi compra il gioiello pensando all’investimento. «Fra i miei clienti c’era un giocatore sfegatato – racconta l’orefice di via Lupetta -. Era sempre intorno a un tavolo verde, ogni volta che vinceva veniva qui e comprava qualcosa. Diceva “i soldi dalla tasca escono, il gioiello rimane”».