L’Italia sta diventando un mercato sempre più popolare per i franchisor internazionali e gli imprenditori italiani desiderosi di introdurre nuovi marchi nel mercato interno. Tuttavia, ci sono molte variabili che influenzano il successo di un franchising in un nuovo mercato, ed è per questo che è diventato sempre più comune eseguire un’operazione “pilota”.
Un pilota è un periodo di prova durante il quale le parti verificano se il franchising si adatta bene a un particolare mercato. Se il pilota ha successo, le parti procedono ad espandere ulteriormente le operazioni di franchising. I franchising “pilota” sono spesso strutturati come una fase iniziale di un contratto a lungo termine, dove le parti concordano che i primi 12 mesi saranno un periodo di prova e ulteriori unità saranno aperte solo se il test avrà esito positivo. Se il test non ha esito positivo, di solito una o entrambe le parti hanno il diritto di rescindere il contratto.
Tuttavia, in Italia esistono obblighi di informativa precontrattuale a carico dei franchisor che possono causare ritardi indesiderati nel progetto pilota. Infatti, la legge italiana sulla divulgazione del franchising crea alcune difficoltà quando si tratta di franchising “pilota”. Ci vuole del tempo per il franchisor per preparare una corretta divulgazione e il periodo di attesa di 30 giorni tra la condivisione delle informazioni di divulgazione e la firma del contratto può causare un ritardo indesiderato al progetto pilota.
Inoltre, il contratto di franchising in Italia deve essere concluso per almeno 3 anni, mentre le parti di solito intendono che il periodo “pilota” sia più breve. Fino ad oggi, non ci sono state molte decisioni giudiziarie sul franchising “pilota” in Italia, il che significa che non ci sono indicazioni su come i tribunali considerano tali relazioni e quale verdetto ci si può aspettare se ci fosse una controversia tra le parti su alcuni aspetti del franchising “pilota”.