Il made in Italy all’estero con un piano di franchising.
Il nodo distribuzione per le pmi.Che per aumentare le vendite in modo significativo sia necessario guardare oltreconfine, anche oltre i confini d’Europa, lo pensano in molti. Solo pochi, però, sono in grado di farlo. È per questo che Confindustria sta lavorando a un progetto per creare una sorta di franchising che consenta a più aziende medio-piccole di avere una presenza commerciale nelle grandi superfici del mondo.
L’ha spiegato ieri Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione delle imprese: «È un progetto che spero di poter chiudere nel giro di un anno e mezzo o due – ha detto -: puntiamo a mettere insieme tanti piccoli produttori di alimentari, moda, arredamento, calzature. Cioè i prodotti più significativi e conosciuti del made in Italy, tutti radunati sotto un’unica insegna, che fa da cappello».
Insomma, si tratta di realizzare un format distributivo per prodotti di consumo di vario genere, individuare i produttori e i marchi più interessanti e poi trovare gli interlocutori (che si faranno carico dell’investimento) cui offrire un pacchetto bell’e pronto. «Una sorta di franchising costruito da noi che consenta l’accesso ai nuovi mercati di brand di fascia media. Abbiamo già ricevuto richieste da paesi come Brasile, Sudafrica, Dubai e anche dalla provincia degli Stati Uniti».
Allearsi e trovare sinergie è una parola d’ordine anche per Sandro Salmoiraghi, presidente di Acimit: «È grave che le imprese piccole non si alleino tra loro – spiega – perchè così diventa difficile resistere: se si rompe un pezzo di una macchina, non si può aspettare 15 giorni per avere il ricambio o il tecnico che lo aggiusta. Ma l’assistenza in loco i piccoli non se la possono permettere».
Se la può permettere Ettore Lonati, presidente di Lonati Group, che fa macchine per produrre calze e ha sedi tecniche, con magazzini per le parti di ricambio, in giro per il mondo: «Oggi abbiamo ordini fino a luglio 2011 – ha detto – una cosa che non succedeva da tempo. Soprattutto dalla Cina arriva una forte richiesta di macchine per collant».
Complessivamente, nel primo trimestre 2010 gli ordini di macchine tessili italiane sono cresciuti del 53% all’estero e del 28% in Italia. «Il meccanotessile italiano, nonostante le difficoltà congiunturali, mantiene intatta la sua carica innovativa e la sua attitudine all’export» ha commentato Salmoiraghi».
Una congiuntura più difficile, invece, per Giuseppe Miroglio, amministratore delegato del gruppo omonimo: «Negli ultimi due mesi c’è stata una flessione dei flussi nei negozi e degli acquisti, particolarmente forte nelle ultime due o tre settimane. La crescita ormai bisogna andarla a cercare nei mercati emergenti più che in Europa».
IL SOLE 24 ORE.it Cristina Jucker