Ven. Nov 22nd, 2024

genova«Non abbiamo licenziato nessuno. Anzi. Abbiamo pure assunto una persona. E incrementato il numero dei clienti, anche se la spesa media dei consumatori è diminuita del venti per cento. La gente preferisce pagare con la carta di credito piuttosto che con i contanti. È dura, ma andiamo avanti. Occorre avere fiducia nel futuro. Investire. Come abbiamo fatto noi. Soprattutto ci vuole cortesia, disponibilità, professionalità. Poi i risultati prima o poi arrivano. Seguiamo il flusso negativo di questi mesi, ma pensiamo che una ripresa ci sarà nel 2010».
Lunghi capelli castani raccolti a coda di cavallo. Camicetta azzurra. Le maniche rimboccate. Blue jeans e scarpe comode. Un filo di trucco. La fronte intaccata dal sudore. Di chi ha appena finito di sistemare scatoloni di cartone e pacchetti su e giù dagli scaffali. Lavora dieci ore al giorno. Si alza alle 7 e torna a casa all’ora di cena.
No, non è la figlia piccola di Berlusconi. E nemmeno di Tremonti. Non si dichiara una stakanovista. E nemmeno vuole fare tanta propaganda. Mica deve convincere gli elettori. Daniela, 47 anni, è una commerciante come tante. Diventata però imprenditrice in questi tempi di crisi. Una professione che ha nel sangue. Quello di famiglia, ovviamente, considerato che il papà, Giulio Calza, a Genova è il numero uno della nautica da diporto da oltre 50 anni. Mai un fallimento. Mai una contestazione. Mai una polemica.
«Si lavora così – spiega il grande saggio del commercio genovese – come fa mia figlia e come gli ho insegnato sin da ragazzina. Lei è una imprenditrice nata. Il nostro cognome è ancora scritto sull’insegna di viale Brigata Bisagno dopo tanti anni. Guai a toglierlo di lì. I nostri negozi vengono affittati soltanto alla nostra famiglia. I proprietari non vogliono altre persone. In mezzo secolo mai un pagamento in ritardo. A Genova sono ormai pochini che lavorano mettendoci faccia e cognome».
Insomma, la crisi si affronta anche così. Con le spalle forti, ma anche con la schiena curva a lavorare. Mica a cercare di fregare i clienti. E così capita che, invece di chiudere i negozi, alcune grandi famiglie della tradizione commerciale genovese, come i Calza, ne inaugurino uno nuovo di zecca. Nella stessa location, ovviamente, tra viale Brigate Bisagno e piazza della Vittoria. Nato, quindi, sulle ceneri del noto Genevieve Lethu. Ma in tempi di crisi e leggendo le statistiche della Camera di Commercio è un mezzo miracolo. È il miracolo della tradizione imprenditoriale genovese.
«Non esageriamo – si schernisce Daniela Calza – certo se vediamo l’andamento di tanti miei colleghi allora possiamo considerarlo tale. Ma noi non abbiamo mai sentito la crisi in maniera così pesante. La nostra è una clientela affezionata. Ci conoscono. Si fidano e sanno che da noi possono acquistare prodotti trendy e di qualità al giusto prezzo».
Parla con una sicurezza di una che di commercio se ne capisce parecchio. Daniela ha lasciato gli studi di ragioneria agli Emiliani a 17 anni per entrare nell’azienda di famiglia. Al settore della nautica ha cominciato a aggiungere piano piano abbigliamento e accessori. Poi nel 1995 il salto di qualità con l’apertura del primo corner Timberland a Genova. Nel 1997 un’altra scommessa. L’inaugurazione, a fianco del negozio Timberland, di Genevieve Lethu, dove, in franchising, comincia a vendere prodotti per la cucina, la tavola e l’arredamento. «All’inizio in Italia eravamo in 24 punti vendita – continua Daniela – poi l’altro anno siamo rimasti soltanto in due. Ho deciso di aprire una mia linea intitolata Maison de Genes. Di diventare imprenditrice e girare fiere e aziende produttrici almeno una dozzina di volte all’anno. Da Parigi a Francoforte, dalla Puglia a Milano e Firenze. Non è facile, ma con molto impegno ci riusciremo anche stavolta. Abbiamo tutto. Dalle profumazioni per la casa, agli utensili di ultimo grido agli oggetti più trendy, all’ornamento della tavola e della cucina. Tutto in stile francese coniugato con quello genovese». E le luci all’angolo di viale Brigata Bisagno, nonostante la crisi, continuano a brillare.

Da il giornale

Di Margiov