Sfida all’ultimo cappello
Yitzhak Meir Ferster, discendente di una dinastia di fabbricanti di cappelli ed ebreo “haredi”, occero ultraortodosso israeliano contro il noto marchio italiano Borsalino. Haaretz racconta di questa sfida all’ultimo feltro nel ristretto mondo degli ebrei tradizionalisti, obbligati per motivi religiosi a indossare sempre il cappello e affezionati clienti della storica azienda italiana.
Una concorrenza che alcuni anni fa è finita anche in tribunale e che ha visto la Borsalino per un certo periodo assente dal mercato israeliano, tornarci in forze aprendo negozi in franchising a Gerusalemme.
Che la tensione fosse ormai elevata i lettori della stampa ortodossa lo avevano appreso durante le recenti vacanze pasquali imbattendosi in un vistoso annuncio pubblicitario: un signore italiano attempato, elegante, che fuma il sigaro e ostenta con fierezza un Borsalino. «Volevamo raggiungere gli studenti dei collegi rabbinici» ha spiegato l’agente pubblicitario, che ha coniato lo slogan: «Borsalino, c’è onore!».
Quella pubblicità rispondeva ad un’altra aggressiva campagna pubblicitaria: quella del Brandolino, il cappello di Ferster, appunto, che da dieci anni contende al Borsalino i favori degli israeliani. Lo scorso autunno i rioni degli zeloti sono stati percorsi dai Commando Brandolino: gruppi di giovani che ne magnificavano la qualità e i prezzi modici, e promettevano premi. È stata una dichiarazione di guerra, combattuta poi con annunci pubblicitari e poster sui muri dei quartieri ortodossi. Mentre il confronto per aggiudicarsi i favori degli zeloti ancora infuria, il produttore di Brandolino (che in passato ha pure commercializzato i Borsalino) ha giocato con Haaretz quella che spera potrebbe essere una carta vincente: i Borsalino sono importati dall’Italia e invece i suoi cappelli – ha sottolineato – sono un prodotto locale.