Il marchio iconico degli anni ’80 si è appena posto sotto la protezione del Tribunale Commerciale di Parigi. Come Camaieu a suo tempo, il marchio, anch’esso di proprietà del gruppo Vivarte da più di vent’anni, non ha resistito alla crisi del Covid-19. In ballo quasi 121 negozi, di cui 25 affiliati.
Chiaramente, il mercato dell’abbigliamento continua la sua lenta agonia. Dopo Camaieu, è attorno a Kookai, altro marchio iconico, nato nel 1983, a porsi sotto la tutela del Tribunale Commerciale di Parigi. Dopo essere stata una sussidiaria di Vivarte nel 1996, è stata acquistata, per la cronaca, da Rob Cromb nel 2017, quest’ultimo avendo sviluppato con successo il marchio in Australia. All’epoca, come precisa il brand, si trovava già in “una delicata situazione finanziaria” mentre “la sua base di negozi era abbandonata”. Come per molti altri marchi, la crisi del Covid-19 avrà completamente indebolito il marchio. “Questi ultimi anni sono stati l’occasione per trasformare profondamente il marchio, che è stato avviato ma è stato crudelmente privo dei mezzi e del sostegno delle banche (rifiuto di PGE) per rinnovare i negozi, far conoscere Kookai alle giovani donne e prendere il turno al digitale”, prosegue il management.
In un comunicato, la direzione precisa che i 121 negozi (di cui 25 in affiliazione) e il sito di e-commerce Kookai.fr rimarranno aperti. Come promemoria, il marchio impiega attualmente 320 persone. “Questa nuova fase non è fine a se stessa, anzi, Kookai la vede come un’opportunità per riprendersi e migliorare la propria situazione finanziaria”, spiega il management. Quest’ultimo dovrebbe approfittare del periodo di osservazione per “implementare una nuova strategia per tornare alla redditività e preparare Kookai per i futuri episodi della sua storia”.